Da quasi un secolo gli economisti sanno che a influire sui consumi, gli investimenti e, di conseguenza, sulla crescita dei Paesi non sono solo i redditi, i salari, o gli ordini e il fatturato delle imprese, ma anche le aspettative future su questi indicatori.
Ecco perché la psicologia e la politica incrociano continuamente l’analisi economica nel produrre previsioni sull'andamento del Pil spesso generando profezie auto-avverantesi. E in questo il ruolo dei media è naturalmente importantissimo.
Uno degli strumenti per misurare il sentiment dei cittadini consumatori o delle imprese sulla situazione presente e futura è la rilevazione del clima di fiducia. Confrontarlo con quello del periodo precedente, consente di prevedere eventuali crisi o riprese del ciclo economico.
E forse mai come adesso, all’inizio di questa ripresa particolarmente incerta, prevedere che cosa succederà è decisivo.
Ebbene, il clima di fiducia è, da qualche mese, in aumento. Anche quello delle imprese che, ponendo a 100 il valore del 2020, è risalito in aprile a 97,3, rispetto al 94,2 di marzo, al 93,6 di febbraio e (addirittura) all'88,6 di gennaio. È stato ormai superato anche il livello raggiunto dopo l’effimera pausa dalla pandemia dell’estate scorsa e appare lontano quel disastroso 53 di maggio 2020; il record più basso, ma solo perché in aprile il clima di fiducia non era stato neanche rilevato.
Insomma, il ritorno a quei gradi di fiducia, intorno a 100, del 2018 e 2019 è più vicino. “Quota 100” (che, in questo caso, non indica il meccanismo per stabilire l'età pensionabile) è invece stata ormai superata se consideriamo la fiducia dei consumatori: siamo a 102,3. Questa è del resto da anni più alta di quella delle imprese e anche nei mesi peggiori del 2020 non era crollata allo stesso modo, limitandosi a scendere a 92,6 in maggio.
Le imprese delle costruzioni vedono rosa
Non tutte le imprese sono però nella stessa condizione. Anzi, la caratteristica distintiva di questa crisi pandemica è stata il modo profondamente diseguale con cui ha colpito settori economici diversi. E, ovviamente, tutto ciò non poteva non avere un riflesso nel diverso clima di fiducia che caratterizza le differenti tipologie di imprese.
La fiducia delle aziende manifatturiere, per esempio, è superiore alla media, raggiungendo in aprile 105,4, e del resto anche nella primavera del 2020 non era crollato ai livelli toccati da altre imprese, scendendo a 72,1, 18,1 punti più della media. Gran parte delle aziende di questo ambito del resto erano rimaste aperte anche durante il lockdown più duro.
E ancora più ampio è il miglioramento del livello di fiducia delle imprese di costruzione, arrivato ora a 148,5. Certamente influisce il fatto che nel 2010, l’anno base della misurazione, l’edilizia fosse decisamente in crisi, ma anche confrontando questo valore con il 108,4 di maggio 2020 il progresso appare notevole.
Il Superbonus, le garanzie offerte sui mutui e, ora, i progetti legati al Next Generation Eu, che almeno all’inizio dovrebbero favorire soprattutto le costruzioni, sono tutti elementi che contribuiscono all’ottimismo delle imprese della filiera.
I servizi di mercato stentano di più a risalire la china
Completamente diverso è invece il clima in altre imprese, quelle del commercio e dei servizi di mercato, che del resto occupano la gran parte dei lavoratori italiani.
Nel caso del commercio il livello della fiducia è migliorato, sì, ma arrivando a 95,8 in aprile, al di sotto della media delle imprese, dopo un anno in cui era stato al di sopra e comunque rimane a una quota inferiore rispetto a quella raggiunta in settembre e in ottobre 2020. Come mai? C’è ancora troppa incertezza sia sulle riaperture sia, soprattutto, sulle condizioni economiche dei consumatori e sullo stato di salute delle piccole realtà del commercio che in questi mesi si sono indebitate per rimanere a galla.
Ma ancora peggiore è il sentiment delle tantissime imprese dei servizi. Il livello della fiducia è risalito solo a quota 87,1. Partiva del resto da un minimo epocale di 39, raggiunto nel maggio 2020, e rimane anche al di sotto di quello di settembre, alla fine della ripresa estiva.
Anche in questo caso il colpo inferto dalla crisi è stato molto superiore alla media. Molte delle imprese di questo segmento dell’economia sono state le più colpite dell'intera economia: parliamo di quelle attive nel settore dell’intrattenimento, del turismo, della ristorazione.
Non a caso solo qui le attese sull’andamento futuro dell’occupazione rimangono ancora negative. Unico spiraglio di luce quelle sul trend degli ordini. In aprile sono divenute positive, seppur di pochissimo.
Si tratta di solito del primo indicatore predittivo di una crisi o di una ripresa. E anche se piccolo è un segno di speranza.
Riprende la fiducia delle imprese, ma non di tutte
12-05-2021