Benessere Equo e Sostenibile (BES). Guardare più in là del PIL.

Benessere Equo e Sostenibile (BES). Guardare più in là del PIL.
30-11-2021

Da anni si assiste al dibattito globale sul c.d. “superamento del PIL” come unico indicatore di misurazione del benessere, anche perché i numerosi mutamenti dell’economia a livello strutturale necessitano di altrettanti cambiamenti di metriche. 
A tal proposito, nel tempo, si sono susseguiti diversi studi. 
Tra questi, merita attenzione quello che oggi è conosciuto come il paradosso di Easterlin, il primo economista che studiò in modo sistematico il fenomeno relativo alle analisi empiriche sulla relazione tra reddito e misure di felicità. “Un reddito pro-capite maggiore rende le persone più felici?”.
Un’altra analisi sullo stesso piano è stata elaborata da Betsey Stevenson e Justin Wolfers in considerazione del rapporto tra soddisfazione per la propria vita e reddito pro-capite. Gli studiosi sono giunti alla conclusione che gli individui più ricchi e quelli meno ricchi riportano la stessa soddisfazione. Rilevante è anche il lavoro dei premi Nobel Angus Deaton e Daniel Kahneman, in base al quale quando pensiamo alla felicità è importante distinguere tra i due modi in cui una persona può valutare il suo benessere. Il primo è il benessere emotivo e il secondo è la soddisfazione per la propria vita, cioè l’autovalutazione di un individuo circa la propria soddisfazione esistenziale.
Dal 2001 diverse sono state le iniziative promosse dall’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo economico (Ocse) con la finalità di aumentare la consapevolezza sul tema della misurazione del progresso della società. 
Con la “Dichiarazione di Istanbul” del giugno 2007 si è arrivati ad un primo consenso internazionale sulla necessità di intraprendere la misurazione del progresso della società andando oltre il calcolo del Pil pro-capite.
Importante è, in questo ambito, il Rapporto finale della “Commissione sulla misurazione della performance economica e del progresso sociale”, la c.d. Commissione Stiglitz- Sen- Fitoussi (“Mismeasuring Our Lives. Why GDP doesn’t add up”), in cui si propone uno “spostamento dell’enfasi dalla misurazione della produzione economica alla misurazione del benessere delle persone”. 
Dalla consapevolezza che i parametri sui quali valutare lo stato e il progresso di una società non possano essere esclusivamente di carattere economico, si è diffuso il concetto di “Benessere Equo e Sostenibile” (BES), che rappresenta un insieme di indicatori che hanno lo scopo di valutare anche l’aspetto sociale e ambientale. 
Ma cosa si intende, in particolare, con “sostenibilità”?
La Commissione delle Nazioni Unite sull’ambiente e lo sviluppo definisce lo sviluppo sostenibile come quello che “soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la capacità delle future generazioni di soddisfare i propri”. In questo senso, economisti e filosofi parlano di equità intergenerazionale, in quanto un’economia la cui crescita non sia sostenibile in tutte le sue dimensioni (economica, sociale, ambientale) sottrae qualcosa alle future generazioni.
Pertanto, per conseguire la sostenibilità bisogna operare sia sul fronte delle iniziative tecniche sia su quello dei modelli di vita.
Secondo Joseph E. Stiglitz, Jean-Paul Fitoussi e Martine Durand (“Beyond GDP. Measuring What Counts for Economic and Social Performance”) “valutare la sostenibilità comporta assunzioni e scelte normative di vario genere. Se la ricchezza (correttamente misurata) aumenta, è presumibile che in futuro la società potrà continuare a fare qualunque cosa stia facendo oggi, in altre parole sostenere il suo benessere pro capite. Ma, per garantire questo risultato, abbiamo bisogno di una misura completa della ricchezza e dobbiamo impiegare le giuste valutazioni”.
Naturalmente, resta ferma l’importanza del PIL come misurazione dei risultati economici della collettività, ma risulta, altresì, fondamentale integrare tale misura con indicatori di carattere economico, ambientale e sociale suddivisi in 12 domini (articolati in origine in 130 indicatori, attualmente sono 152), in base al Rapporto sul Bes pubblicato annualmente.
In ambito nazionale, da alcuni anni è stato avviato il progetto Bes, tramite un’iniziativa del CNEL e dell’ISTAT, al fine di fornire un contributo in questa direzione.
I 12 indicatori del BES, individuati con il decreto del MEF 16 ottobre 2017, sono disaggregati a livello territoriale e per gruppi sociali in modo da osservarne la distribuzione e constatare la presenza di disuguaglianze. Tale processo è importante in quanto consente di individuare possibili priorità per l’azione politica, anche in una prospettiva intergenerazionale.
In particolare, gli indicatori sono i seguenti:
Reddito medio disponibile aggiustato pro capite, indice di diseguaglianza del reddito disponibile, indice di povertà assoluta, speranza di vita in buona salute alla nascita, eccesso di peso, uscita precoce dal sistema di istruzione e formazione, tasso di mancata partecipazione al lavoro, rapporto tra tasso di occupazione delle donne di 25-49 anni con figli in età prescolare e delle donne senza figli, indice di criminalità predatoria, indice di efficienza della giustizia civile, emissioni di CO2 e altri gas clima alteranti e indice di abusivismo edilizio.


Indicatori BES


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Il 25 settembre 2015 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile nella quale si delineano le direttrici delle attività per i successivi 15 anni. I 17 Sustainable Development Goals (SDGs) che compongono l’Agenda 2030 rappresentano il piano di azione globale per sradicare la povertà, proteggere il pianeta e garantire la prosperità per tutti. 
A differenza degli Mdg (Millennium Development Goals), gli Obiettivi di sviluppo del millennio, gli Sdg si propongono di definire norme globali non soltanto per i Paesi in via di sviluppo ma anche per i Paesi sviluppati.
L’Istat, insieme al Sistema statistico nazionale (Sistan), è impegnato nella produzione di misure statistiche per il monitoraggio dei progressi verso i Sustainable Development Goals. Le misure tengono conto degli indicatori definiti dall’Expert Group insieme ad alcuni dati specifici di contesto nazionale, anche derivanti dal framework Bes.
Nel 2016 il Bes è entrato a far parte del processo di programmazione economica.
A febbraio di ogni anno vengono presentati al Parlamento il monitoraggio degli indicatori e gli esiti della valutazione di impatto delle policy.

La Relazione Bes 2021

Dalla Relazione 2021 si evidenzia come l’adozione delle necessarie misure precauzionali per ridurre i rischi di trasmissione del virus abbia causato una contrazione dell’attività economica nazionale senza precedenti. Si rileva un quadro generale di peggioramento nell’andamento degli indicatori Bes con eccezioni, tra cui le emissioni di CO2 equivalente pro capite, gli indicatori di criminalità e, in forma minore, di efficienza della giustizia civile. 
Nel corso del 2019, prima dello scoppio della pandemia, invece, tutti gli indicatori Bes rilevavano una performance positiva. 

 

La Relazione BES

 

 

 

Fonti consultate:
“Macroeconomia. Una prospettiva europea” Blanchard, Amighini, Giavazzi
“Beyond GDP. Measuring What Counts for Economic and Social Performance”, ovvero, “Misurare ciò che conta” Joseph E. Stiglitz, Jean- Paul Fitoussi, Martine Durand;
ISTAT.