
Le economie europee (UE) non hanno mai esportato così tanto negli Stati Uniti come nel 2024: 531,6 miliardi di euro, che hanno generato un avanzo commerciale di 198,2 miliardi, anche questo un record storico. L'export europeo verso gli Usa è salito del 5,5% in un anno e del 38,2% rispetto al 2019, mentre il saldo positivo è aumentato addirittura del 26,5% tra 2023 e 2024 e del 32,6% in cinque anni.
Si tratta di un dato molto rilevante, anche perché è coinciso con un aumento molto più contenuto delle esportazioni complessive verso i Paesi extra-europei, cresciute l'anno scorso solo dell'1,1% rispetto all'anno precedente e del 21,1% rispetto al 2019. Non a caso in cinque anni l'avanzo commerciale Ue verso il resto del mondo non è salito, ma è diminuito di circa 41 miliardi di euro. Un risultato dovuto, tra le diverse cause, anche al forte peggioramento del deficit commerciale con la Cina, passato nello stesso periodo da 165 a 304,5 miliardi.
Il commercio con gli Stati Uniti, quindi, è diventato ancora più centrale nell'economia europea, e tra le ragioni principali vi è il forte incremento dell'export di prodotti farmaceutici e strumenti medicali verso gli Usa: considerando entrambe le industry, il valore totale delle esportazioni è passato da 92,4 a 119,8 miliardi di euro, e questa crescita (27,4 miliardi) spiega quasi tutto l'aumento delle vendite di prodotti Ue Oltreoceano. All'allargamento dell'avanzo, invece, ha contribuito in misura sostanziale il minore valore dell'import di gas naturale americano da parte di Paesi europei, che è sceso da 27,2 a 15,3 miliardi in conseguenza della diminuzione dei prezzi.
Italia terzo Paese europeo con il maggiore surplus commerciale con gli Usa
Tra i Paesi dell'Unione Europea quello che vanta il saldo commerciale positivo (surplus) maggiore nei confronti degli Stati Uniti è la Germania: 92,2 miliardi, in aumento di 6,6 miliardi nel 2024. A dipendere di più dalle esportazioni Oltreoceano è però l'Irlanda, seconda per avanzo commerciale (50,8 miliardi), che vende negli Usa ben il 53,7% di quanto esporta fuori dall'Ue; questo perché molte multinazionali, spesso americane, hanno la residenza fiscale proprio in Irlanda e, ovviamente, hanno negli Usa il proprio “sbocco” naturale.
È Dublino, quindi, che sembra rischiare di più dai dazi annunciati dall'Amministrazione Trump, che potrebbero provocare sia la minore domanda di beni prodotti in Irlanda sia, soprattutto, il reshoring, cioè il rimpatrio negli Usa di impianti e uffici delle multinazionali americane proprio per sfuggire all'aumento delle tariffe.
E l'Italia? Il nostro Paese è il terzo nell'Ue per avanzo commerciale verso gli Usa, 38,9 miliardi di euro nel 2024, 3,1 miliardi in meno rispetto all'anno precedente. Più della metà di tale calo è dovuto alle minori esportazioni del settore degli autoveicoli (-28,2% tra 2023 e 2024), non compensato sufficientemente dall'ottima performance di farmaci e strumentazioni mediche, +25,7%.
Secondo una ricerca realizzata a dicembre 2024 dall'Ufficio Studi di Banca del Fucino, l'Italia dovrebbe comunque essere in grado di resistere all'impatto (per ora solo eventuale) dei dazi americani. Questo perché gran parte nel nostro export verso gli Usa è costituito da prodotti altamente specializzati e molto competitivi, merito di un'industria nazionale il cui valore aggiunto medio per addetto è superiore anche a quello dell'industria tedesca. Si tratta di prodotti tanto complessi da non essere facilmente sostituibili, e gli impianti per produrli non possono essere trasferiti negli Usa da un giorno all'altro. La qualità della nostra manifattura, insomma, potrebbe salvarci ancora. Più preoccupanti dei dazi statunitensi – conclude lo studio – sono invece i costi dell'energia, rimasti elevati anche dopo la conclusione della fiammata inflattiva del 2022-23. La speranza è che le trattative in corso con la Russia in merito alla conclusione della guerra in Ucraina possano portare ad uno scenario più calmo sui mercati energetici europei, ma si tratta di un esito ancora tutt’altro che scontato.