Prosegue la crescita delle vendite al dettaglio in Italia, ma l’inflazione fa sì che in realtà si acquistino meno prodotti. Lo dicono i dati dell’Istat che certificano come nei primi mesi del 2023 le entrate degli esercizi commerciali siano aumentate dell’1,9% rispetto ai tre precedenti e del 5,9% rispetto a quelli corrispondenti del 2022.
Come si nota, però, in particolare l’ultima percentuale è inferiore a quella dell’inflazione, che a marzo era del 7,6% e ad aprile ha avuto una nuova fiammata, salendo all’8,3%.
Questo vuol dire, appunto, che in termini reali gli italiani hanno comprato meno. È evidente dai dati sulle vendite in volume e non in valore. Queste sono diminuite del 3% in un anno e, al contrario di quanto succede normalmente, è nel settore degli alimentari che troviamo le variazioni maggiori. Qui il calo è del 4,7%.
Vuol dire che i consumatori stanno subendo su larga scala non solo la classica inflazione, ma anche la cosiddetta shrinkflation, ovvero quel fenomeno per cui per mantenere i prezzi costanti o per farli aumentare meno viene ridotta la quantità di un prodotto.
Per quanto riguarda il minor consumo di generi alimentari, va tenuto presente che nei primi tre mesi del 2022 l’emergenza Covid era ancora presente, era in vigore il Green Pass, il timore dei contagi era ancora vivo, si mangiava di più a casa e molte aziende utilizzavano ancora in modo massiccio lo smart working. La riduzione dei volumi delle vendite di alimenti al dettaglio deriva anche da una ripresa del settore della ristorazione e della frequentazione degli uffici.
Il fenomeno della rinuncia agli acquisti però esiste, e lo si nota dalla diminuzione dell’1,6% in volume dei prodotti non alimentari.
Le vendite nei discount aumentano del 9,1%
Dove comprano gli italiani? Secondo l’Istat sempre più spesso nei discount. Quelli che si occupano di alimentari hanno incrementato le vendite di ben il 9,1%, quindi, in questo caso, anche più dell’inflazione. Significa che vi è stato uno spostamento dei consumi su questo tipo di negozi e supermercati che offrono sconti e sono frequentati soprattutto da coloro che non possono spendere molto.
In particolare, poi, è la grande distribuzione ad incontrare maggiormente il favore di chi fa la spesa: per le strutture con più di 50 dipendenti l’incremento delle vendite è stato dell’8%, mentre per quelle con un numero di lavoratori inferiore ai 50 ma superiore ai 5 è stato del 4,8%. Solo del 3,8%, molto inferiore al carovita, l’aumento per quei negozi che hanno al massimo fino a 5 addetti.
Non è un trend nuovo, ma in atto da molti anni, ed è ancora più evidente per i prodotti non alimentari. Gli acquisti presso esercizi di piccole dimensioni nel loro caso sono saliti solo del 3,5% in 12 mesi.
Del resto vi è anche un tema di offerta. Molti negozi hanno chiuso, mentre aprono strutture su grandi superfici, per i consumatori è anche una questione di comodità recarsi in queste ultime.
Un dato interessante è quello che riguarda il commercio elettronico, che è in aumento, ma l’incremento annuale, del 6,6%, non è così elevato come un tempo ed è inferiore a quello che si registra preso ipermercati e supermercati.
Insomma, le piattaforme web non sono più una realtà emergente, ma una delle tante modalità che gli italiani usano tutti i giorni per comprare ciò che serve loro per vivere.