I fallimenti delle imprese nel secondo trimestre 2024 sono cresciuti un po’ ovunque rispetto allo stesso periodo del 2023: nella Ue l’incremento è stato del 12,2%, in Italia del 13,2%; in Francia l’aumento è stato ancora maggiore, del 20,1%, mentre in Spagna è stato limitato, pari 5,9%. Per la Germania i dati di Eurostat si fermano ai primi tre mesi di quest’anno, in cui le bancarotte sono state il 26,9% in più rispetto ai primi tre del 2023. Ancora più rilevante, però, è stata la loro crescita nei Paesi Bassi: +34,2%.
Si tratta degli effetti della crisi che, dopo il 2021, ha coinvolto le aziende più sensibili agli alti costi dell’energia e dei materiali, nonché al rialzo dei tassi di interesse deciso dalla BCE. Un ruolo è stato probabilmente giocato anche dalla progressiva rimozione dei sostegni statali alle imprese, i quali hanno permesso di prevenire diversi fallimenti durante la fase più acuta della pandemia.
Tra i vari settori dell’economia, ad essere più colpito è stato il settore delle costruzioni: in questo comparto tra il secondo trimestre del 2023 e il medesimo del 2024 le bancarotte sono cresciute nell’Unione Europea del 14,8%, mentre in Italia di ben il 26,2% (anche in conseguenza della progressiva rimozione del Superbonus edilizia).
I dati relativi all’ultimo anno, però, non devono mettere in ombra i trend di più lungo termine: se nella Ue nel suo complesso i fallimenti hanno raggiunto il valore più alto da metà 2016, e a metà 2024 sono stati il 55% in più della media del 2021, in Italia, invece, sono risultati del 4,9% inferiori al livello di tre anni fa e molto inferiori a quelli avvenuti nel passato più lontano, in conseguenza della doppia recessione del 2008-13.
Bancarotte, in Italia -40,9% rispetto al 2015
Se il confronto è con la metà del decennio scorso, per esempio con il secondo trimestre del 2015, è evidente come nel nostro Paese vi sia stato un crollo del numero di fallimenti: in nove anni il loro numero è sceso del 40,9%, mentre nella Ue è diminuito dell’11,5%; in Francia, nello stesso lasso di tempo, si è assistito ad un aumento del 6,6%, e in Spagna il numero di fallimenti è addirittura raddoppiato rispetto al 2015.
Molto diverso, sia nel nostro Paese che in Europa, è stato l’andamento delle registrazioni di nuove imprese. In questo caso siamo davanti a una maggiore stabilità: nella Ue nel secondo trimestre di quest’anno le registrazioni sono state l’1,5% in meno che nel secondo del 2023; in Italia, nello stesso lasso di tempo, sono invece aumentate, del 2,4%. Tuttavia, se guardiamo anche in questo caso al più lungo periodo, nel nostro Paese, a differenza che in Europa, si è assistito a una riduzione del ritmo di nascita di nuove aziende: nel 2023, infatti, ne sono state fondate il 14,9% in meno che nel 2015 e il 10,1% in meno rispetto al 2019. Questo è evidente soprattutto nel commercio, settore nel quale il numero di imprese fondate l’anno scorso è stato del 40,8% più basso che otto anni prima. In quasi nessun altro Paese è accaduto qualcosa del genere, ma non dimentichiamo che l’Italia era allora e rimane tutt’oggi lo Stato della Ue con il maggior numero di imprese, per lo più di piccola dimensione.