Le esportazioni italiane continuano a crescere. Dopo essere tornate già da tempo ai livelli pre-pandemici, le vendite di beni all’estero hanno proseguito la loro corsa, al punto che secondo l’Istat l’aumento è stato di ben il 21,2% se confrontiamo i primi 9 mesi di quest’anno con quelli corrispondenti del 2021. Si è passati da un valore di 380 miliardi e 130 milioni di euro a uno di 460 miliardi e 665 milioni. Si tratta di un dato rilevante, che rimane positivo anche considerando l’incremento dei prezzi che nel frattempo è intervenuto e che certamente è parte in causa nell’aumento del valore dell’export italiano, cresciuto in particolare nei primi due trimestri dell’anno.
Quali aree del Paese hanno esportato di più? In valore assoluto tre regioni: Lombardia, Emilia Romagna e Veneto che da sole compongono ben il 52,9% delle vendite all’estero. Tuttavia non è qui che si sono verificati gli aumenti percentuali più importanti, anzi l’incremento dell’export di questi tre veri e propri “motori economici” del Paese è stato inferiore alla media.
Ad avere messo a segno i miglioramenti più grandi sono state, invece, Sicilia, Sardegna e Marche, dove l’export è cresciuto rispettivamente del 66,7%, del 73,9% e dell’89,4%. Buoni anche i progressi della Calabria, +31,6%, e della Valle d’Aosta, +39%, anche se qui naturalmente parliamo di volumi molto piccoli. A vedere il segno meno è solo il Molise, con un calo del 12,9%.
La crescita delle esportazioni farmaceutiche marchigiane dà il principale contributo all’aumento nazionale
La ragione di questa distribuzione geografica dell’aumento dell’export risiede nella tipologia di prodotti che ha visto i maggiori incrementi di vendita. Si tratta principalmente di due: quelli farmaceutici e quelli petroliferi. Nello specifico è molto importante il boom delle esportazioni di articoli farmaceutici, chimico-medicinali e botanici da parte delle aziende marchigiane, che sono salite addirittura del 642,8% in un anno. Da solo costituisce il singolo contributo più importante alla crescita dell’export italiano nei primi nove mesi del 2022. L’incremento delle vendite di metalli di base e prodotti in metallo dalla Lombardia, da sempre tra le principali voci del Made in Italy, viene solo al secondo posto.
Al terzo e quarto, invece, ci sono il coke e i prodotti petroliferi raffinati da Sicilia e Sardegna, che spiegano il maggior ruolo di queste due regioni nel panorama dell’export italiano. In entrambi i casi si è verificato un raddoppio delle vendite rispetto al 2021. A declinare è invece l’importanza del settore automotive: le vendite all’estero di autoveicoli sono cresciute solo del 5,1%, molto meno della media, e in alcune aree è calato. Per esempio in Molise, regione che dipende molto da questo comparto data la presenza, a Termoli, degli stabilimenti Fca.
Aumenta il peso di Usa e UE (ma non di Francia e Germania) tra i nostri clienti
Ma chi compra i nostri prodotti? Sono stati i Paesi del Medio Oriente, la Turchia, il Belgio e gli Stati Uniti ad aver fatto registrare un aumento della domanda di oltre il 30%. In particolare la quota di mercato degli Usa, già tra i nostri migliori clienti, si è espansa molto, passando in un solo anno dal 9,3% al 10,2%. Quella dei Paesi UE si consolida, crescendo dal 53,1% al 53,4%. Calano, invece, Francia e Germania che nel 2021 acquistavano rispettivamente il 10,4% e il 13,2% dei nostri beni (sul totale del loro import dall’estero) mentre oggi le loro fette sono del 10,1% e del 12,7%. Una vera e propria diminuzione delle esportazioni vi è solo nei confronti della Russia (-22%) e il motivo è facile immaginare, ma perdono quote anche importanti clienti come Svizzera e Cina che hanno assorbito il 4,8% e il 2,6% delle nostre vendite, contro il 5,4% e il 3% del 2021. Per adesso sembra quasi che l’allargamento e la diversificazione dei mercati abbia subito un temporaneo stop. Ma i conti li faremo quando saranno disponibili i dati anche dell’ultimo trimestre.