Nei Paesi occidentali, quindi anche in Italia, quella per il welfare rappresenta la voce largamente maggioritaria della spesa pubblica. Nel nostro Paese, nel 2021, sono stati erogati a questo scopo ben 627,2 miliardi: sono più del 60% del budget statale totale e rappresentano il 35% del Pil italiano.
Non bastano, però. Secondo i dati di Cerved e Istat, le famiglie devono metterci del proprio. Per la precisione, 136,6 miliardi nel 2021, cui si sono aggiunti 21,2 miliardi di spesa da parte delle aziende.
Nel complesso, gli esborsi dei privati rappresentano il 20,1% di quelli complessivi per il welfare in Italia. La ragione è la necessità di sostituire e integrare l’azione dello Stato dove questa è carente. Lo si comprende analizzando la dinamica e la suddivisione della spesa, pubblica e non.
I due terzi delle uscite statali, 403,9 miliardi su 627,2, servono a finanziare le pensioni e altre prestazioni sociali come gli assegni di invalidità, mentre molto meno è destinato ad altre funzioni, come la sanità, l’assistenza (verso gli anziani, per esempio), l’istruzione. È proprio verso queste voci che si concentra, quindi, la spesa privata.
Basti pensare che su 172,3 miliardi versati per prestazioni sanitarie, 38,8 vengono dalle famiglie, e 4,1 dalle imprese. Si tratta nel complesso del 24,9%. Ancora più eloquenti sono le cifre relative all’assistenza: i privati versano 48,1 miliardi per assistere i propri cari non autosufficienti; ottenere aiuto domestico; pagare una babysitter o l’asilo per i propri figli, contro gli appena 18,1 miliardi sborsati dallo Stato allo stesso scopo.
Nello specifico le 2,1 milioni di famiglie che hanno avuto bisogno di pagare un/una badante per un parente anziano hanno speso nel 2021 13.780 euro ognuna.
Nel grande ambito del welfare sono considerate anche le somme versate come “supporto al lavoro”, ovvero quanto viene pagato per spostarsi verso il luogo di lavoro e i pasti in pausa pranzo. In questo caso non vi è alcun intervento statale, e i 31,7 miliardi spesi sono tutti sulle spalle delle famiglie (25) e delle imprese (6,7)
Una spesa destinata ad aumentare in futuro, dopo la pausa del Covid
Il Covid ha rappresentato uno stop anche per molte delle prestazioni sociali legate al welfare, e come in altri ambiti vi è stato un calo della spesa pure in questo. Complessivamente, i 136,6 miliardi sborsati dalle famiglie nel 2021 rappresentano un recupero rispetto ai 122,5 del 2020, ma i livelli del 2018, quando ne furono versati 143,3, non sono stati ancora raggiunti.
La paura del virus ha indotto molti a rinunciare all’aiuto di colf e badanti, per esempio, e lo smart working ha ridotto la spesa per babysitter o asilo. Tuttavia, è significativo il fatto che vi sia un settore, quello della sanità, in cui, invece, le uscite delle famiglie non hanno quasi risentito della pandemia: rispetto ai 37,7 miliardi del 2018 vi è stato un calo solo di 500 milioni nel 2020, più che recuperato nel 2021, con la spesa salita a quota 38,8 miliardi: un nuovo record.
Del resto, le dinamiche demografiche italiane rendono ineluttabile un incremento della domanda di welfare per il futuro. L’indice di vecchiaia, ovvero il rapporto tra la popolazione con più di 65 anni e quella con meno di 14, è passato da 144,5 del 2010 a 179,3 del 2020; il numero di anziani soli è cresciuto dai 3 milioni e 382mila del 2011 ai 4 milioni e 73mila di due anni fa.
L’invecchiamento della popolazione, che procede a un ritmo superiore di quello della crescita economica e del budget statale, in assenza di un accresciuto impegno dello Stato renderà ancora più necessario l’impegno finanziario dei privati per soddisfare le sempre più pressanti esigenze assistenziali che si presenteranno.