L’emissione di cartamoneta era frequentemente maggiore delle riserve di metallo prezioso depositate presso gli istituti di credito, nonostante la funzione di questi ultimi di garantire la piena convertibilità della banconota in oro o in altri materiali.
Il processo raggiunse il culmine in Inghilterra ad inizio ‘800, quando venne dichiarata la sospensione della conversione in oro delle banconote per evitare la bancarotta.
Così, al termine della crisi finanziaria, il governo inglese decise di regolamentare il sistema monetario in vigore e puntare unicamente sull’oro come metallo prezioso.
Nasceva così il “Gold Standard” (detto anche sistema monetario aureo e, più propriamente, Gold Coin Standard System), un sistema finanziario e monetario che prevedeva la possibilità di emissione delle banconote solo se coperta da riserve di oro adeguate e che ha regolato le relazioni economiche internazionali dal 1870 alla Prima guerra mondiale. Si trattava di una garanzia di stabilità dei rapporti di cambio e prevedeva, per sua natura, la libera circolazione dei capitali, “elementi necessari per lo sviluppo verso la fine dell’Ottocento di quella che oggi passa sotto il nome di prima globalizzazione” (“Controstoria della moneta”, Roberto Petrini, 2014).
Secondo la legge nota come Bank Charter Act del 1844, solo la Banca d’Inghilterra aveva il compito di emettere nuove banconote e ogni nuova emissione doveva essere coperta da un uguale ammontare di oro presente nella banca. In questo modo si cercava di evitare squilibri nel sistema finanziario perché il totale di moneta in circolazione restava in una costante proporzione con la riserva aurea.
La Germania fu la prima nazione ad uniformarsi al sistema inglese e, a fine secolo, aderirono anche nazioni importanti come Russia e Stati Uniti.
Da sistema solido, il Gold Standard, cominciò a manifestare criticità, perché non tutte le nazioni riuscirono a garantire la piena convertibilità della valuta in oro; e così, con la Prima guerra mondiale molte nazioni decisero di abbandonare la conversione della valuta in oro.
Il sistema entrò in una nuova crisi di fronte alle conseguenze della grande depressione del 1929:
ciascun paese reagì cercando di proteggere le proprie economie interne, con la conseguenza di un esaurimento degli scambi internazionali.
Nel frattempo, gli Stati Uniti erano diventati la principale potenza economica mondiale e, nel 1944, con gli accordi di Bretton Woods, il dollaro statunitense divenne la valuta di riferimento.
Il Gold Exchange Standard (1944- 1971), cioè il sistema basato sui rapporti di cambio fissi tra le valute tutte agganciate al dollaro (a sua volta agganciato all’oro) ritrovò il favore di tutti i paesi che affiancarono alle riserve aurifere delle banche centrali riserve in valuta degli Stati Uniti.
Questa soluzione, secondo alcuni, comportava, come prima conseguenza, un dominio irreversibile di queste due potenze economiche che potevano permettersi di pagare in valuta conservando intatte le proprie riserve auree. Molto più certa e obiettiva fu però una seconda conseguenza: il fatto di detenere riserve in valuta di un determinato paese finiva incontestabilmente per sancire legami con le sue sorti economiche e finanziarie.
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