
Siamo alla vigilia della fine della globalizzazione nella forma in cui l'abbiamo finora conosciuta? L'incertezza sui possibili maggiori dazi minacciati dal presidente americano Donald Trump colpirà, tra i Paesi verso i quali saranno rivolti, soprattutto quelli per i quali l'export ha più importanza, quali l'Italia e alcuni grandi Paesi Ue. Secondo i dati del 2023 della Banca Mondiale, le esportazioni di beni e servizi ammontano al 33,7% del Pil per l'Italia, al 43,4% per la Germania, al 38,1% per la Spagna, contro una media mondiale del 29,3%.
A favorire questa vocazione al commercio sono molti fattori, tra questi certamente le basse tariffe doganali sia europee che dei principali partner commerciali su gran parte dei prodotti, soprattutto quelli più scambiati. Partiamo dai dazi Ue. In media, secondo i dati Wto del 2023, sono del 5%, ma se guardiamo alla media pesata, che misura i dazi in proporzione al valore dell'import dei beni su cui sono applicati, si scende al 2,7%, che diventa il 2,3% nel caso delle merci non agricole. Questo perché i prodotti che vengono commerciati di più godono di tariffe commerciali più basse. Nel caso degli Usa i dazi medi sono del 3,4%, mentre la media pesata, quindi di fatto l'incidenza effettiva delle tariffe sull'import, è del 2,2%, del 2,1% considerando i beni non agricoli.
Numeri non molto diversi sono quelli del Regno Unito, dove i dazi sono del 5,1%, ma scendono rispettivamente al 3,3% e al 2,3% se, anche qui, si guarda alla media pesata delle tariffe per tutte le merci e per quelle non agricole.
Per i prodotti lattiero-caseari, però, l'Ue fa pagare quasi il 30% di dazi
Non solo, se consideriamo il peso effettivo dei dazi europei sull'import dai singoli partner questi numeri scendono ancora. Per esempio, sui beni non agricoli americani che giungono nell'Ue viene pagato solo lo 0,9%, sia perché le merci Usa godono di trattamenti di favore sia perché importiamo soprattutto prodotti su cui le tariffe sono particolarmente ridotte. Su quelli provenienti dal Regno Unito, invece, i dazi pesano un po' di più, per il 2,2%, ma sempre meno di quanto viene applicato sui beni europei che arrivano Oltremanica, il 3,1%.
Le cose cambiano se il commercio riguarda i prodotti agricoli, verso cui l'Unione Europea ha un approccio maggiormente protezionista. Sui beni del segmento lattiero-caseario, per esempio, vengono imposte tariffe del 29,8%, mentre su quelli del comparto dolciario sono del 21%. Molto più alte della media sono anche quelle applicate all'import di bevande e tabacco, del 18,6%, e su quello di carne e animali vivi, 15,6%. Negli Stati Uniti, invece, i dazi medi non superano il 17,5% imposto sugli acquisti di tabacco e bevande e il 16,8% applicato sui latticini, mentre su carne e animali vivi si scende molto al di sotto dei livelli europei, al 2,1%.
Sul 32% dei prodotti agricoli dell'Ue, inoltre, sono applicate anche misure non tariffarie, per esempio limiti quantitativi alle importazioni o vincoli di tipo sanitario. Solo sullo 0,5% dei beni industriali, invece, vigono misure analoghe. Se davvero dovesse esserci un'escalation delle attuali tensioni commerciali, è probabile che vedremo questa percentuale aumentare. Ma che tali tensioni debbano necessariamente condurre a vere e proprie guerre commerciali è per il momento un esito tutt'altro che scontato, per fortuna.