Sono la Bulgaria, la Romania, la Lettonia e la Lituania i Paesi europei caratterizzati dalla maggiore disuguaglianza. Il reddito disponibile del 20% più ricco della popolazione bulgara è di 8,01 volte maggiore di quello del 20% più povero secondo i dati del 2020. Si tratta di un rapporto molto più alto di quello medio della Ue: 4,9. Negli altri tre Stati citati non ha raggiunto quelle vette, ma ha comunque superato il valore di 6.
E in Italia? Nel nostro Paese il quintile più facoltoso ha entrate di 5,75 volte maggiori di quello più indigente, un dato peggiore di quello di gran parte del resto d’Europa e molto simile a quello della Spagna, 5,77, e della Grecia, 5,23.
Non è un caso che realtà con caratteristiche e problemi economici simili abbiano un livello di disuguaglianza analogo, e neanche che siano gli Stati più poveri dell’Est quelli in cui i divari sono maggiori. Si tratta di Paesi che per mancanza di risorse, oltre che per volontà politica, non hanno un welfare adeguato, come invece in molte realtà dell’Europa centrale e settentrionale. Non sono solo Stati come Finlandia e Danimarca, infatti, ad avere un basso rapporto tra i redditi del 20% più ricco e più povero della popolazione, di 3,72 e 4, ma anche altri che pure fanno parte del blocco ex-comunista come per esempio, Slovacchia, Slovenia, Repubblica Ceca, in cui i valori crollano rispettivamente a 3,03, 3,32, 3,34. Sono economie che presentavano bassi livelli di disuguaglianza già nei decenni passati, alla caduta del Muro di Berlino, e sono riusciti a mantenerli riuscendo a conciliare, nel contesto di una crescita sostenuta del Pil, politiche sociali e basso debito. Fanno meglio della Germania, dove il rapporto tra il quintile più benestante e quello che lo è meno sale a 4,87, vicino alla media Ue, mentre in Francia, con 4,15, rimane al di sotto.
Le differenze si fanno più estreme se a essere considerati sono il 10% più povero o più ricco. Nel caso dell’Italia il decile più povero genera solo il 2,2% del reddito nazionale, mentre quello più facoltoso ben il 24,5%, più di 10 volte tanto.
Quanto guadagnano in poveri in Italia e nel resto d’Europa
Ma quanto guadagnano gli indigenti nel nostro Paese e negli altri? C’è povertà e povertà. Le entrate di coloro che vengono definiti poveri, cioè chi guadagna il 60% o meno del reddito mediano, sono di 7.852 euro l’anno in Italia secondo le statistiche del 2020. Quanti si ritrovano nella stessa situazione in Danimarca, invece, prendono invece 14.852 euro, poco meno del doppio.
Tale cifra è superiore a quella percepita da chi supera la stessa soglia (il 60% di del reddito mediano) in molti Paesi come Estonia, Portogallo, Repubblica Ceca, Grecia, e in generale in tutto l’Est. Significa che la popolazione non indigente di queste aree, includendo al suo interno anche i benestanti, ha entrate equivalenti a quelle dei poveri danesi.
Naturalmente sono valori che devono essere considerati anche alla luce dell’evasione fiscale, maggiore nella parte meridionale e orientale della Ue, e soprattutto del costo della vita, superiore in Danimarca, ma certamente evidenziano un divario elevato tra le economie dei vari Paesi.
Tra i redditi più bassi vi sono quelli percepiti dai non abbienti rumeni che guadagnano solo 1.745 euro all’anno, meno di bulgari (1.985) e ungheresi (2.803). Si tratta di valori di 4 e più volte inferiori a quelli medi Ue. Ancora inferiori i redditi dei poveri di alcuni Paesi candidati all’ingresso nella Ue: Serbia, Montenegro, Nord Macedonia, Albania. In quest’ultimo caso, quello degli albanesi, le entrate dei più indigenti non superano i 1.121 euro all’anno.
Se l’Unione Europea si allargherà nei prossimi anni sarà ancora più diseguale al proprio interno di quanto non lo sia ora. E lo è già molto.