Tra gennaio e settembre dello scorso anno il numero di nuove pensioni anticipate è risultato inferiore sia rispetto allo stesso periodo del 2023 che rispetto ai primi nove mesi di tutti gli anni dal 2020 in poi: sono state 150.642 nel 2024, contro le 171.800 del 2023, le 195.852 del 2022, le 214.409 del 2021 e le 217.332 del 2020.
Le pensioni di vecchiaia, che includono anche gli assegni sociali e coloro che si ritirano a 67 anni di età, hanno invece seguito un altro andamento: tra gennaio e settembre 2024, infatti, sono state 240.821, circa 20mila in più rispetto al 2023 e 51mila in più rispetto al 2020. Allo stesso tempo, però, sono calate le pensioni di reversibilità, a fronte di un modesto incremento di quelle di invalidità. Il risultato è che tra gennaio e settembre 2024 le pensioni decorrenti dichiarate dall’Inps sono state in totale 577.061, circa 40mila in meno rispetto al picco del 2021.
Il fenomeno della riduzione degli anticipi pensionistici è collegato alla stretta che i governi hanno imposto per aumentare l’età del ritiro dal lavoro e frenare così la spesa previdenziale, la quale, per motivi demografici, è destinata a continuare a crescere. Oggi per ottenere la pensione anticipata sono necessari 41 anni e 10 mesi di contributi per le donne e 42 anni e 10 mesi per gli uomini, requisiti immutati ormai da tempo, a differenza dei criteri relativi ad altre modalità per l’accesso alla pensione.
Pensioni anticipate in forte calo, soprattutto tra le donne
Ad esempio, Quota 102 (già di per sé la versione meno generosa di Quota 100), che richiedeva 64 anni di età e 38 anni di contributi, è stata rimpiazzata da Quota 103, che consente il pensionamento con 62 anni di età ma 41 di versamenti, imponendo inoltre un ricalcolo interamente contributivo. Quest’ultimo vale pure per Opzione Donna, che ad oggi è attivabile solo dalle lavoratrici caregiver, invalide o in esubero che abbiano 61 anni di età (erano 60 nel 2023) e 35 di contributi.
Sono proprio le donne a registrare il numero più basso di pensioni anticipate: nei primi nove mesi del 2024 quelle che ne hanno usufruito sono state 51.002, il 18,3% in meno rispetto al 2023, mentre tra gli uomini il calo è stato dell’8,9%.
Come mai? Perché le lavoratrici hanno carriere generalmente più discontinue e più difficilmente raggiungono i 41 anni e 10 mesi di contributi prima dei 67 anni. Le loro retribuzioni, inoltre, essendo mediamente più basse, rendono poco conveniente ritirarsi prima. Il risultato finale è che, tra gennaio e settembre, il numero di pensionamenti anticipati femminili è stato poco più della metà di quelli maschili.
Nel complesso, nel 2024 le pensioni anticipate sono state l’11% in meno di quelle di vecchiaia (escludendo gli assegni sociali), mentre nel 2023 il loro numero era pari. È nella gestione previdenziale dei commercianti che il divario è maggiore, visto che i pensionamenti anticipati sono stati il 41% in meno rispetto a quelli di vecchiaia; nel comparto pubblico, all’opposto, i primi sono stati il 50% in più dei secondi. Anche in quest’ultimo ambito, però, si è verificata un’importante riduzione: nel 2023 le pensioni anticipate degli statali erano più del doppio di quelle di vecchiaia.