Il "denario" (denarius) in argento rappresenta la moneta tipica della repubblica romana.
La data che segna l'introduzione del denario nella società romana è stata a lungo dibattuta: la tradizione faceva risalire l'introduzione del denario in argento all'anno 268 a.C., basandosi sulle notizie di Livio (Periochae, XV) e di Plinio il Vecchio (Naturalis historia).
La scuola numismatica italiana (Cesano, Breglia, Stazio, Panvini Rosati, Ulrich Bansa) resta convinta della validità di questa data.
Questa datazione venne messa in discussione nel 1932 da due studiosi inglesi, H. Mattingly e E. Robinson, secondo i quali le monete d'argento citate dalle fonti erano le monete romano-campane. Dunque, facevano risalire l’introduzione del denario al 187 a.C.
Ma il rinvenimento archeologico in Sicilia, nel santuario dedicato a Demetra e Core, di un recipiente contenente, tra l'altro, denari, quinari, sesterzi e vittoriati dall'iconografia ascrivibile al primo periodo della loro emissione, ha confutato quest'ultima ipotesi: dato che si può datare la distruzione di questo santuario alla fine del III secolo, sembra impossibile sostenere che il denario sia comparso solo molto tempo dopo.
Così, si è formata una corrente di compromesso che ha proposto una datazione intermedia: il 217.
Il denario e il quinario circolarono ancora fino ai primi due secoli dell'impero, mentre il sesterzio, fabbricato anche in bronzo e in oricalco, verrà usato fino ai tempi di Costantino il Grande (primi decenni del sec. IV d.C.).
Questo testo fa parte di una serie di articoli (qui si può leggere l'introduzione, la prima parte, la seconda parte e la terza parte)