
Il rendimento del Btp a 10 anni, ovvero l'interesse che lo Stato paga a chi gli presta denaro comprando titoli di Stato, oscilla da qualche tempo tra il 3,5% e il 3,6%. Non è poco: prima della fiammata inflazionistica del 2022 e prima che la Bce alzasse i tassi di riferimento, era inferiore all'1%. Tuttavia la notizia è che questo 3,5-3,6% non è molto diverso da quanto pagano le altre grandi economie europee per finanziarsi: la differenza tra i rendimenti dei titoli italiani e quelli dei titoli francesi, tedeschi, inglesi non è mai stata così ridotta dal 2008.
Guardiamo quindi i numeri, cominciando con il confronto con il Bund tedesco, sempre a 10 anni. Ebbene, la differenza tra il rendimento del Bund tedesco e i nostri Btp a 10 anni (il famoso “spread”) da questa estate è sotto i 100 punti base (quindi sotto l'1%) e in certi momenti è arrivato anche sotto quota 80. A questi livelli si è giunti in seguito ad una costante discesa dello spread iniziata nell'autunno del 2022, quando si era toccata quota 250. E se pensiamo che nel 2018 lo spread era a 300 (cioè, pagavamo il nostro debito pubblico il 3% in più di quanto pagavano i tedeschi) si capisce quanto è stato lungo il percorso. Non parliamo poi di quota 500 del 2012… Per di più oggi il Bund a 10 anni ha un rendimento intorno al 2,7% e rivela una tendenza al rialzo.
A influire sul calo del differenziale di rendimento sono diversi fattori, tra cui le difficoltà dell'economia tedesca: il Pil della Germania ha visto un calo tendenziale per otto trimestri consecutivi nel 2023 e 2024, e oggi cresce molto meno della media europea. I più volte annunciati investimenti pubblici in difesa e infrastrutture dovrebbero sì rilanciare la crescita – secondo le intenzioni dei proponenti – ma la maggiore spesa statale dovrebbe al contempo condurre ad un aumento dei rendimenti sui titoli di Stato; o almeno, questa sembra essere l'aspettativa diffusa sui mercati. Ciò significa, per l'Italia, una tendenziale riduzione dello spread Btp-Bund.
I rendimenti dei titoli italiani e francesi sono quasi uguali
Passando alla Francia, il rendimento dei titoli del debito pubblico di Parigi è intorno al 3,5%, quindi a un soffio, a pochi centesimi di punto percentuale, dal livello dei Btp. Questa primavera ha registrato un picco che non veniva raggiunto da quasi 14 anni, dall'autunno 2011. Allora si era fermato al 3,7%, mentre in Italia superava il 7%, e la discesa successiva aveva spesso portato tali rendimenti in territorio negativo, prima della grande inflazione del post-pandemia. In seguito, però, il carovita e le difficoltà francesi di bilancio (con un rapporto deficit/Pil che nel 2023 e 2024 è peggiorato arrivando al 5,8%) li hanno fatti risalire, e la crisi politica - in atto in una forma o nell'altra ormai da tempo - sta deteriorando la situazione. Il risultato è un differenziale rispetto ai tassi dei titoli italiani sceso ai minimi dal 2008.
Nel caso dei bond del Regno Unito, poi, siamo di fronte a un sorpasso netto. Londra paga un interesse intorno al 4,7%, quindi ormai molto più di quelli italiani. Non si è mai raggiunto un tale divario, provocato, anche in questo caso, dai dubbi sulla sostenibilità futura di un deficit, quello britannico, che non sembra si riesca a contenere.
La situazione dell'Italia, insomma, appare sotto questo punto di vista più vicina a quella della Spagna, i cui titoli hanno un rendimento che continua a essere inferiore a quelli dei Btp italiani, ma solo di pochi decimali. La differenza è che, però, il Pil spagnolo è cresciuto e cresce bene, più del 2% e, in alcuni trimestri, più del 3%, quindi più di quello italiano. Non essere più additati come i più fragili d'Europa è molto utile, ma per una vera riduzione del debito servirà o un ulteriore calo dei tassi o una crescita più sostenuta.