Il Mezzogiorno cresce più del Centro-Nord, ma non nei consumi, nei salari e nella produttività

Il Mezzogiorno cresce più del Centro-Nord, ma non nei consumi, nei salari e nella produttività
11-12-2025

Per la prima volta dopo molto tempo il Mezzogiorno è l’area del Paese in cui l’economia cresce di più. I dati di Istat e Svimez sono eloquenti: tra il 2021 e il 2024 il Pil del Meridione ha visto un aumento dell’8,5%, a fronte di uno medio italiano del 6,3% e del 5,8% nel Centro-Nord. In Sicilia l’incremento è addirittura in doppia cifra, +11,8%, mentre la Campania arriva al 9,1%.

Questa crescita ha avuto un’importante ricaduta occupazionale: nello stesso periodo il numero dei lavoratori nel Mezzogiorno è aumentato più di quanto abbia fatto nelle regioni centro-settentrionali, +8% contro +5,4%. Il tasso di occupazione, cronicamente molto basso nel Sud e nelle Isole, è salito al 49,3% nel 2024, 4,5 punti in più rispetto al 2021, mentre nel Centro Nord (dove però si partiva da livelli più elevati) la crescita è stata di 3,5 punti percentuali. La tendenza è proseguita anche nel 2025, con un ulteriore aumento annuo degli occupati: +2,2% nel primo semestre, esattamente il doppio del dato italiano.

Tuttavia lo scenario cambia se guardiamo ai consumi, che teoricamente dovrebbero beneficiare della crescita dell’occupazione e dell’economia: nel Mezzogiorno tra 2021 e 2024 i consumi hanno visto un aumento inferiore a quello del Centro-Nord, +6,4% contro +7,5%. Questo risultato è certamente in gran parte dovuto all’andamento dei salari reali, che, come si sa, in tutta Italia sono diminuiti con la fiammata inflazionistica recente, ma nel Sud e nelle Isole sono scesi ancora di più.

Il grosso della nuova occupazione del Mezzogiorno è stato creato in settori a basso valore aggiunto
Tra il primo trimestre del 2021 e il secondo del 2025 nel Mezzogiorno la riduzione dei salari in termini reali è stata del 10,2%, contro l’8,2% nelle regioni del Centro e del Nord; nell’area euro il calo è stato del 3,5%.

Perché la maggiore crescita economica e occupazionale si è tradotta in una più accentuata diminuzione del potere d’acquisto? C’entra la produttività: se per alcuni indicatori (Pil e occupazione, appunto) il gap tra Mezzogiorno e resto del Paese tra il 2000 e il 2024 si è ridotto, il Pil per occupato, invece, è sceso dal 77% di quello delle regioni centro-settentrionali al 75,8%. Ovvero, la produttività è diminuita più della media italiana (che pure è scesa più che nel resto d’Europa). È un dato in controtendenza rispetto a quanto avvenuto nelle aree meno sviluppate della Ue, che invece hanno visto crescere il Pil per occupato più di quanto sia accadute nelle regioni più ricche.

Il fatto è che dopo il Covid i nuovi posti di lavoro sono stati creati soprattutto in settori a basso margine, e quindi con salari inferiori alla media. Non a caso la crescita del Mezzogiorno è stata trainata soprattutto dalle costruzioni, favorite dagli investimenti pubblici, che hanno visto un aumento del valore aggiunto del 32,1% (+24,2% nel Centro-Nord) tra il 2021 e il 2024. Allo stesso tempo il buon andamento della manifattura (+5,7% il valore aggiunto settoriale, contro il -2,8% nel Centro-Nord) è stato alimentato dall’industria dei materiali per l’edilizia e dall’agro-alimentare, due comparti con margini e salari ridotti. Sembra doveroso, a questo punto, chiedersi se la fine del Pnrr metterà fine anche alla crescita del Mezzogiorno, o se gli investimenti realizzati saranno in grado di mantenere il Sud sulla buona strada.