Secondo i calcoli dell’Istat, la crisi dell’economia tedesca, che nel 2023 ha registrato un calo dello 0,3%, è stata responsabile di una crescita del Pil italiano dello 0,2% inferiore a quella potenziale. Per potenziale si intende quella che si sarebbe realizzata se l’andamento delle importazioni di Berlino dal nostro Paese fosse stato uguale a quello del 2022, cosa che non è avvenuta per il rallentamento tedesco. La cinghia di trasmissione del contagio tra Germania e Italia è stata, dunque, il commercio estero: se nulla fosse cambiato a Nord delle Alpi rispetto al 2022, le nostre esportazioni sarebbero state dell’1% maggiori, le importazioni dello 0,3% più alte e il saldo commerciale dello 0,2% migliore. Sono queste dinamiche che hanno ridotto il Pil e, con esso, anche il numero degli occupati, che secondo i calcoli Istat sarebbero stati lo 0,1% in più se nel 2023 la Germania non fosse entrata in recessione.
Tuttavia, per quanto importante, non è stata la recessione della Germania la causa esterna più importante della ridotta crescita italiana, bensì il rallentamento del commercio mondiale. Se questo nel 2023 fosse cresciuto come nel 2022, ovvero del 4,5%, invece che dell’1,3%, come è avvenuto, il saldo commerciale italiano sarebbe stato migliore dello 0,9%, grazie a un volume di esportazioni del 3,7% più alto. Tutto ciò avrebbe portato a un aumento del Pil dello 0,8% maggiore di quanto effettivamente registrato.
La ragione di questi numeri non risiede solo nel fatto che, naturalmente, il commercio mondiale è molto più vasto di quello della sola Germania, ma soprattutto che l’Italia, negli ultimi anni, si è legata maggiormente alle economie del resto d’Europa e del mondo che a quella tedesca.
La dipendenza dell’economia italiana dall’estero è cresciuta dell’80% tra il 1995 e il 2020
Dagli anni ’90 in poi la globalizzazione ha reso tutte le economie mondiali maggiormente interdipendenti. L’Ocse ha calcolato in modo sistematico questi legami, ovvero quanto la produzione di un Paese dipende dagli input provenienti da un altro, creando un relativo indice. Ebbene, dal 1995 al 2020 tale indice, per quanto riguarda la dipendenza del sistema Italia dalla Germania, è cresciuto del 40%, mentre la dipendenza tedesca dall’economia italiana del 23%. Ma è da sottolineare come dal 2007 in poi in realtà entrambi gli indicatori siano diminuiti, del 3,5% e dell’8,4% rispettivamente, a dimostrazione di come, dopo la grande crisi finanziaria scoppiata nel 2008, la globalizzazione abbia subìto una frenata, perlomeno in Europa.
È al contempo opportuno sottolineare che, sempre tra il 1995 e il 2020, la dipendenza dell’economia italiana dal commercio mondiale è cresciuta di ben l’80%, il doppio rispetto all’aumento che ha caratterizzato negli stessi anni il legame tra Italia e Germania. Certo, dopo la crisi del 2008 anche gli scambi commerciali tra l’Italia e il resto del mondo hanno subìto un rallentamento, ma questo è stato complessivamente minore rispetto a quello degli scambi con la “Locomotiva d’Europa”.
Una dimostrazione concreta di questo andamento la si può ritrovare nel settore dell’industria italiana che, dal 2019, ha visto la maggiore crescita delle esportazioni, quello farmaceutico. È proprio in questo comparto che, guarda caso, si è registrata una delle maggiori riduzioni della quota tedesca, che è diminuita del 6% in quattro anni (tra 2019 e 2023), tutto a vantaggio di Paesi extra-europei come la Cina o gli Stati Uniti.