I numeri smentiscono i catastrofisti. Non c’è mai stata una così alta la percentuale di italiani al lavoro: a marzo era pari al 60,9%. Significa che il 60,9% di coloro che sono definibili in età lavorativa, ovvero tra i 15 e i 64 anni, hanno un’occupazione. Un anno fa erano il 60%, mentre nell’inverno 2020/21, dopo il crollo del Pil, in concomitanza della chiusura forzata di molte attività, erano solo il 56,8%.
La percentuale del 60,9% è superiore anche ai livelli pre-pandemici, ovvero quel 59,3% raggiunto nel giugno 2019, che allora rappresentava un primato. E nemmeno nel periodo precedente alla crisi finanziaria del 2008-2009 il tasso di occupazione era riuscito a raggiungere o ad avvicinarsi al 60%. La percentuale è ancora maggiore e supera il 65% se non includiamo nelle statistiche gli adolescenti e consideriamo solo coloro che hanno tra i 20 e i 64 anni.
Ma dove aumenta maggiormente l’occupazione? Secondo i dati Istat (in questo caso i dati si fermano al quarto trimestre del 2022) cresce soprattutto laddove era più bassa, ovvero il Mezzogiorno. Nelle regioni meridionali l’incremento è sostanzioso non solo nei confronti dei trimestri più duri del 2020, ma anche rispetto al periodo pre-Covid: il tasso di occupazione, calcolato sempre tra i 15 e i 64 anni, è cresciuto in tre anni del 2,3% ed è passato dal 44,9% (il dato migliore del 2019) al 47,2% di fine 2022, a fronte di un miglioramento medio nazionale dell’1,4%.
Al Nord e al Centro, nello stesso lasso di tempo, i miglioramenti sono stati più timidi: rispettivamente +0,6% e +1,1%. Certamente la percentuale di quanti lavorano nel Sud e nelle Isole rimane molto inferiore alla media nazionale e tra le più basse d’Europa, ma il gap è inequivocabilmente in riduzione.
Nella Ue, infatti, il tasso di occupazione è arrivato al 70,1%, registrando una crescita dell’1,3% rispetto al 2019. Molto limitato è stato l’aumento in Germania, dove a fine 2022 lavorava il 77,3%, solo lo 0,3% in più rispetto al periodo pre-pandemico.
Più lavoro per i giovani
Ma c’è di più e di meglio. I numeri dell’Istat dicono che sono i giovani quelli che vedono il maggiore incremento occupazionale. A marzo il 67,1% di quanti hanno tra i 25 e i 34 anni aveva un lavoro mentre prima della pandemia erano il 63,4%. Nelle altre fasce di età non si notano gli stessi progressi; sembra essere fortemente rallentato l’aumento del tasso di occupazione tra la generazione più anziana della forza lavoro, quella dei 50-64enni che, tra 2019 e 2023, è aumentato dell’1,5%.
Certo, se osserviamo le statistiche in una prospettiva più lunga vediamo che tra i 25-34enni la percentuale di quanti lavorano è ancora inferiore ai valori precedenti alla crisi finanziaria del 2008/09, che ha fatto da vero e proprio spartiacque in questo ambito. Allora, infatti, il tasso di occupazione riusciva a raggiungere e superare il 70%. Ma il recupero è più veloce di quanto previsto.
Di recupero possiamo parlare anche in relazione alla fascia in assoluto più giovane, quella dei 15-24enni. Parallelamente al calo dei Neet (coloro che non studiano e non lavorano) vi è stato un incremento della quota degli occupati tra quanti hanno questa età: per la prima volta da 11 anni ha superato (finalmente) il 20%.
In questa fascia di età, sempre a febbraio, il tasso di disoccupazione è sceso al 22,3%, poco più della metà di quella toccata nel 2014. Se consideriamo poi tutta la popolazione tra i 15 e i 24 anni, coloro che cercano lavoro e non lo trovano sono ormai meno del 6%.