L’inflazione continua a scendere, per fortuna, anche a giugno l’aumento tendenziale (quindi rispetto a giugno 2022) dei prezzi è stato inferiore a quello del mese precedente, +6,4% a fronte del +7,6% di maggio. È da novembre che questo accade, con la sola eccezione di aprile. La novità, però, è un’altra: per la prima volta da più di due anni a trainare maggiormente l’inflazione non sono stati i prezzi dell’energia, ma quelli dei prodotti alimentari che sono cresciuti dell’11% mentre quelli relativi alla voce abitazione, acqua, elettricità e combustibili del 10,1%.
Tradotto: oggi ad appesantire i bilanci delle famiglie è più il carrello della spesa che le bollette tanto è vero che tra maggio e giugno i costi delle utenze domestiche e dei carburanti sono addirittura scesi del 3,1%. Questa tendenza non si è ancora trasmessa al settore alimentare, in cui nello stesso mese invece vi è stato un aumento dell’1,1%.
In sostanza a differenza che nel 2022 l’inflazione è sempre più endogena e meno esogena; se infatti a giugno i prezzi sono aumentati del 6,4% una parte importante, il 2%, è causata dal solo incremento del costo del cibo e delle bevande analcoliche. Lo 0,8% è stato determinato dall’aumento dei prezzi nei servizi ricettivi e nella ristorazione, lo 0,5% da quello nel settore dei mobili, degli articoli e dei servizi per la casa, lo 0,3% dalla crescita del carovita nel comparto ricreazione, spettacoli e cultura.
La componente abitazione, acqua, elettricità, invece, determina un’inflazione dell’1,8%, ovvero il 28,1% di quella complessiva del 6,4%. Sei mesi prima, a dicembre, quando il carovita era dell’11,6%, più di metà, il 6%, era provocato da questa sola voce.
L’aumento dei prezzi più forte è a Genova e in Liguria
Una conseguenza di questa tendenza è che, se escludiamo i prezzi energetici e quelli degli alimentari freschi, questa inflazione sta avendo un andamento molto più moderato di quella totale. Si tratta della cosiddetta componente di fondo. È quella parte del carovita che non dipende dai cambiamenti dei prezzi dei beni che più di altri tendono a fluttuare in modo anche molto ampio e improvviso, a causa di fattori esterni e a volte anche di speculazione.
Tale componente di fondo ha visto a giugno un incremento del 5,6%, non di molto inferiore al +6% di maggio né al +6,3% di marzo, il picco massimo toccato da questo indicatore.
Ciò significa anche che probabilmente l’impatto sui consumatori e sull’economia di questa discesa dell’inflazione è meno forte di quanto i numeri potrebbero fare pensare.
L’inflazione, comunque, non è omogenea neanche dal punto di vista geografico, non solo settoriale. Secondo l’ultimo report dell’Istat è in Liguria che a giugno è stata maggiore, dell’8,2%, con un picco dell’8,5% a Genova. Più alta della media anche quella registrata in Toscana e in Umbria, +7,2%, nonché in Piemonte, +6,9%, e in Puglia, Sicilia e Sardegna, +6,8%.
Il carovita più basso è stato in giugno quello che si è avuto in Basilicata, +3,8%, mentre è stato inferiore al 6% anche in Friuli-Venezia Giulia, Calabria, Valle d’Aosta ed Emilia-Romagna. Proprio quest’ultima fa parte, assieme a Basilicata, Abruzzo, Sicilia, del ristretto gruppo di regioni in cui l’inflazione si è più che dimezzata rispetto al picco dell’ottobre 2022.