IN ITALIA SCENDE IL RISCHIO DI POVERTA' ED ESCLUSIONE SOCIALE

POMODORINI
12-07-2023

In Italia scende il rischio di povertà ed esclusione sociale, quello di denutrizione è inferiore che nel resto d'Europa

Gli italiani, anche quelli più indigenti, corrono un rischio di denutrizione inferiore a quello degli altri europei. È un dato per alcuni versi sorprendente perché la percentuale di persone definibili come povere (cioè con entrate inferiori al 60% della mediana) in Italia è pari al 20,1%, molto maggiore della media Ue: 16,5%. Tuttavia quando la definizione di povertà non riguarda solo criteri economici ma anche condizioni materiali, come l’accesso a determinati prodotti o servizi di base, le cose cambiano.

Vi è, per esempio, un indicatore che misura la possibilità di assumere alimenti nutritivi, come le proteine animali o vegetali, almeno a giorni alterni. L’8,3% degli europei non ci riesce e la percentuale sale al 19,7% se si considerano solo i poveri dal punto di vista reddituale mentre in Italia a non avere questa opportunità, sono meno: il 7,5%, e il 15,5% nel caso dei più indigenti.

Questi numeri sono in deciso calo rispetto allo scorso decennio: nel 2016, per esempio, a non poter mangiare in modo sufficiente era il 14,3% di tutti gli italiani e il 27,9% di quelli più poveri. La stessa riduzione, da allora ad oggi, non si è vista altrove, i dati medi Ue sono rimasti piuttosto costanti negli anni e, soprattutto, non si è vista nelle due maggiori economie dell’Unione Europea, Francia e Germania. Non si può infatti permettere un pasto sufficiente il 9,5% dei francesi e l’11,4% dei tedeschi, che diventano rispettivamente il 23,7% e il 24% se consideriamo i poveri.

La differenza tra il rischio di povertà ed esclusione sociale in Italia e nella Ue scende dal 4,4% al 2,8% tra 2015 e 2022

Una conseguenza dell’andamento di tali numeri in Italia è che diminuisce il divario tra il nostro Paese e la media Ue per quanto riguarda il rischio di povertà ed esclusione sociale. È l’indicatore globale che comprende sia la scarsità di entrate monetarie che quella di prodotti alimentari, ma anche la mancanza di opportunità di lavoro.

A dover affrontare tale pericolo è il 24,4% degli italiani (la percentuale più bassa dal 2016) e il 21,6% degli europei, il 2,8% in meno. Otto anni fa la differenza era più ampia, del 4,4%, perché nel nostro Paese a rischio di povertà ed esclusione sociale era ben il 28,4%, a fronte del 24% medio Ue. In Francia e Germania, per esempio, nello stesso periodo si è assistito a un aumento, che nel caso francese è stato più marcato, dell’1,6% (dal 18,4% del 2015 al 21% del 2022).

Significa che in Italia, sia per fattori economici, come la presenza di determinati sussidi, che sociali vi è una maggiore capacità di procurarsi beni primari, anche in presenza di redditi più bassi e più spesso al di sotto della soglia di indigenza. È proprio quest’ultimo tipo di povertà, quella monetaria, che ci vede, invece, ancora piuttosto indietro rispetto al resto dell’Unione Europea. Su questo versante non sono stati molti progressi nel nostro Paese e il divario rispetto alla media Ue, anzi, è leggermente cresciuto nel tempo.

Conta, qui, anche l’andamento dei nostri salari reali, che ha visto spesso il segno meno davanti, in parte contrastato, però, dall’aumento dell’occupazione, che fortunatamente sta portando diversi nuovi lavoratori fuori da condizioni di disagio.