L’economia dell’Abruzzo
Le due regioni cui Banca del Fucino è tradizionalmente più legata sono il Lazio e l’Abruzzo. Quest’ultima, in particolare, le ha donato il nome, essendo il Fucino la conca in provincia dell’Aquila che fu prosciugata dai principi Torlonia, i quali poi fondarono la banca proprio per finanziare le opere e le attività economiche nel nuovo territorio strappato all’acqua.
Oggi l’Abruzzo è la 14esima regione dell’Italia per popolazione, con 1.273.660 abitanti, il 2,16% degli italiani ma si tratta di una percentuale destinata a diminuire visto che, come nel resto del Mezzogiorno, il calo demografico è più marcato della media nazionale.
In 10 anni, da fine 2011 a fine 2021, l’Abruzzo ha perso il 2,51% della popolazione, ovvero 32.756 persone, con un’accentuazione dopo il 2019, quando in soli 24 mesi il numero di abitanti è sceso di 20.281 unità. Nello stesso lasso di tempo decennale in Italia la riduzione è stata dello 0,7%.
A livello economico il peso dell’Abruzzo nel nostro Paese è dell’1,9%; questa è la porzione del Pil nazionale che viene prodotto nella regione. Si tratta, secondo i dati di Banca d’Italia del 2020, di 30 miliardi e 662 milioni di euro. Rispetto al 2019, ovvero al periodo pre-pandemico, l’economia abruzzese ha sofferto un calo del Pil inferiore alla media dato che ha perso l’8,1% del Prodotto Interno Lordo, contro una discesa dell’8,9% a livello nazionale.
Anche nel 2019 l’Abruzzo aveva performato meglio: il Pil è sceso solo dello 0,6% a confronto di un calo italiano dello 0,3%. Nei due anni precedenti, invece, era accaduto l’opposto. Il PIL della regione nel 2017 era aumentato del 0,7% e nel 2018 si era ridotto del 0,1%, mentre in Italia si erano avuti dei progressi rispettivamente dell’1,6% e dello 0,9%. Ogni abruzzese genera 23.815 euro di Pil l’anno, il 14,4% in meno della media nazionale.
Le imprese abruzzesi sono meno digitalizzate della media italiana, ma più di quelle del resto del Mezzogiorno
La persistenza di redditi più bassi di quelli medi italiani viene da lontano, e ha le sue radici anche nella composizione della struttura produttiva. Nella regione hanno più peso che altrove settori caratterizzati da minore produttività come, per esempio, l’agricoltura, che contribuisce per il 3% al valore aggiunto, contro il 2,2% nazionale, mentre le costruzioni valgono il 5,7% del Pil mentre la media italiana è del 4,4%.
Tuttavia l’Abruzzo si contraddistingue anche per una intensa attività industriale, in particolare nel segmento della fabbricazione di autoveicoli che rappresenta il 17,5% del valore aggiunto prodotto nell’ambito della manifattura abruzzese che è composta soprattutto da grandi aziende (sopra i 250 addetti) le quali danno lavoro al 76,4% dei lavoratori occupati nel settore (media nazionale: 61,6%).
Dal lato dell’innovazione e della produttività, però, lo scenario è in chiaroscuro. Proprio nel segmento cruciale dei trasporti la quota di imprese che Cerved definisce “a maggiore capacità innovativa” è minore rispetto al resto del Paese. Si tratta del 38,7% se consideriamo il capitale umano, contro il 49,9% italiano, ma è superiore alla media del Mezzogiorno, 35,7%. Secondo le statistiche di Banca d’Italia del 2021, inoltre, sono il 15% del totale le aziende abruzzesi definibili “ad alto grado di digitalizzazione”, in crescita rispetto al 13,3% del 2010: è meno del 17% nazionale, ma più del 13,8% del Mezzogiorno. È un’ulteriore conferma dell’immagine di regione in generale più avanzata del resto del Sud, ma che ha ancora importanti margini di crescita e sviluppo.