La pressione fiscale cresce, trainata soprattutto dalle imposte sul reddito

La pressione fiscale cresce, trainata soprattutto dalle imposte sul reddito
18-11-2025

Nella classifica dei Paesi europei con la maggiore pressione fiscale, l’Italia si colloca al sesto posto con il 42,6%. Questa cifra rappresenta la somma di tutte le entrate tributarie, alimentate dalle imposte dirette e indirette e dai contributi sociali (per esempio quelli previdenziali), messa a confronto con le dimensioni della nostra economia, cioè il Prodotto Interno Lordo.

Al netto del 2020, anno anomalo per via della pandemia, il livello attuale rappresenta il valore più alto dalla fase 2012-2015, quando la pressione fiscale superava il 43% in piena recessione e in un contesto di crisi del debito. In periodi precedenti, invece, il peso del fisco fiscale era decisamente più contenuto. In alcuni anni tra il 2001 e il 2005 scendeva perfino sotto la soglia del 40% del Pil.

Vediamo l’Europa: nel 2024 il rapporto tra imposte e prodotto interno lordo della Ue è stato in media del 40,4%, oscillando molto meno rispetto al caso italiano. In diversi Paesi le imposte e i contributi sono addirittura diminuiti. È il caso della Svezia, per esempio, dove nel 2024 la pressione era al 42,5% del Pil, il 3,6% in meno rispetto a 20 anni prima. La pressione fiscale è scesa anche in Danimarca, dove rimane la più alta in Europa, al 45,8% del Pil, ma comunque di due punti inferiore rispetto a due decenni prima.

Il gettito da imposte indirette rimane stabile
Anche la Francia, Paese nel quale il peso del fisco è superiore a quello italiano (45,3% del Pil), ha comunque visto un alleggerimento rispetto ai valori dello scorso decennio, quando era al 48%. La Germania, invece, ha seguito un percorso simile a quello del nostro Paese con una pressione fiscale, tra 2001 e 2014, sotto il 40%, ma salita successivamente e attestatasi al 40,9% del Pil nel 2024.

A determinare l’incremento della pressione fiscale in Italia è stato soprattutto l’aumento del peso delle tasse sui redditi, che nel 2024 sono arrivate al 15,2% del Pil, un dato mai toccato in precedenza, a causa del fiscal drag, della diminuzione dell’evasione e dell’allargamento della base di lavoratori che versa le imposte. Anche se in misura minore, il fenomeno è presente pure a livello europeo, in media anche nella Ue le tasse sui redditi hanno raggiunto il livello massimo, il 12,9% del Pil. Al contrario le imposte indirette come l’Iva hanno visto una certa stabilità, se non un leggero calo, sia in Italia, dove sono l’11,2% del Pil, che nell’Unione Europea, 10,5%.

In diminuzione, soprattutto nel nostro Paese, sono anche i contributi sociali, come quelli previdenziali, che lo scorso anno sono scesi al 12,7% del Pil rispetto al 13,4% pre-Covid. Un piccolo alleggerimento che, però, non è servito a limitare la crescita della pressione fiscale, che secondo le previsioni dello stesso esecutivo, nel 2025 dovrebbe raggiungere un nuovo picco, il 42,8% del Pil.