Nel 1903 l'antropologo e viaggiatore William Henry Furness si recò nell'isola di Yap, situata nella Micronesia nel Pacifico, tra le Filippine e le Hawaii e scoprì che la moneta corrente di quella popolazione era rappresentata da gigantesche ruote di pietre. Erano chiamate "fei" ed avevano un diametro di circa 12 piedi.
Le famiglie di Yap avevano quindi inventato con la loro moneta una modalità di pagamento molto sofisticata, pur avendo una economia piuttosto semplice (pesce, noci di cocco e cetrioli di mare).
Avevano considerato come unità di conto queste grosse ruote di pietra dal possibile significato mistico e simbolico. Le pietre pesanti venivano spostate come ruote facendole scorrere con un tronco d'albero inserito nel foro centrale. Essendo così pesanti, rimanevano al proprio posto e quando avveniva una transazione si limitavano a registrare collettivamente che le pietre avevano cambiato proprietario. Addirittura, alcune di queste, sprofondate nel mare durante un'operazione di trasporto, mantenevano il proprio valore di unità di conto e cambiavano proprietà pur rimanendo al loro posto, in fondo al mare.
Quando le transazioni erano di entità minore dell'unità di conto "fei", ci si limitava ad annotare presso ogni capanna crediti e debiti finché non si arrivava ad una compensazione.
Questo studio di Furness venne letto da un giovane economista di Cambridge nel 1915, John Maynard Keynes, che lo pubblicò sull' "Economic Journal".
Keynes segnalò come gli abitanti di Yap avessero colto nell'unità di conto e nel sistema di compensazione di crediti e debiti l'essenza del denaro.
Tale sistema segna le origini della moneta. Fu così che le comunità cominciarono a guardare a oggetti simbolici o religiosi di valore intrinseco che fossero in grado di garantire il trasferimento del credito vantato a seguito di uno scambio. Ma questo doveva essere un oggetto sul cui valore c'era un'intesa collettiva.
I tempi erano maturi per la scelta di nuove e più pratiche tecniche di pagamento.
Questo testo fa parte di una serie di articoli
(qui si può leggere l'introduzione e la prima parte)