Come si spende in Italia e in Europa
A trainare l’economia, si sa, è la domanda, quella privata soprattutto. Sono, cioè, i consumi dei cittadini a far aumentare il giro d'affari delle imprese e, quindi, il Pil di un Paese. Ma dai dati statistici sui consumi non si evince solo l’andamento della congiuntura ma anche caratteristiche più strutturali, relative alla cultura, alla storia e alla mentalità dei singoli Paesi. Perché, al di là del valore monetario degli acquisti medi (che per forza di cose è maggiore laddove i redditi sono più alti), è la quota di questi destinata a un dato insieme di prodotti a dirci molto di una nazione.
E in Europa le differenze nelle preferenze di consumo rimangono rilevanti e confermano gli stereotipi ai quali siamo abituati.
L’Italia, per esempio, è il Paese nel quale si spende di più per l'abbigliamento, dopo (curiosamente) la piccola Estonia. Ai vestiti dedichiamo secondo i numeri del 2019 il 4,8% dei consumi complessivi, contro il 3,7% dei tedeschi, il 3,1% degli spagnoli, il 2,8% dei francesi. Restiamo ai vertici nonostante che negli Anni '90 la percentuale della spesa complessiva fosse addirittura pari al 6,1%. Sempre a conferma di alcuni cliché siamo al quarto posto su 27 nella spesa per l'arredamento, non lontani da alcuni Paesi del Centro e Nord Europa come Germania, Austria, Danimarca, Paesi Bassi.
Spendiamo più della media per quella che è una delle voci di consumo più importanti, il cibo, il 13,1%. Anche in questo caso, rispetto a 25 anni, fa vi è stato un calo fisiologico, che però non ha cambiato molto il nostro posto in classifica, anche se in testa per consumo di alimenti troviamo i Paesi dell'Est più poveri come Romania, Lituania e Bulgaria. Il motivo è semplice: essendo il cibo indispensabile per vivere, in presenza di un reddito limitato assorbe una quota maggiore delle risorse disponibili.
Italiani ultimi per consumo di alcolici
Siamo, invece, ultimi per quanto riguarda spesa in alcolici, cui destiniamo solo lo 0,9% dei nostri budget, percentuale che in sostanza non si è modificata nel tempo. Ed è stridente il confronto non tanto con la media europea dell’1,6%, ma soprattutto con i valori di alcuni Paesi dell’Est, come Lettonia ed Estonia, dove si arriva al 4,8% e al 4,7%. Nelle stesse aree del resto, 20-25 anni fa, si arrivava a livelli anche maggiori: nel 1995 in Lituania si toccò addirittura l’8%. Si tratta in fondo di una conferma del minore interesse per l’alcol delle popolazioni mediterranee. Anche in Grecia e in Spagna la percentuale di consumi per alcolici è particolarmente bassa: rispettivamente 0,9% (come da noi) e 1,2%.
Gli spagnoli ci superano invece nella spesa in hotel e ristoranti, cui è dedicato il 14,9% dei consumi nel Paese mentre nel nostro caso si scende al 10,4%. È chiaramente l’effetto dell’attrattività turistica, ma in entrambi i casi si tratta di valori sopra la media europea, e almeno fino al 2019, in epoca pre-Covid, in netta e costante crescita rispetto agli anni precedenti, a testimonianza della sempre maggiore importanza dei consumi di tipo esperienziale a discapito dell'acquisto di beni fisici.
Per quanto riguarda infine i trend di crescita osservabili per alcune tipologie di consumi (quali l’acquisto di beni durevoli e semidurevoli), è verosimile che alcune spese non effettuate durante il 2020 siano state posticipate al 2021. È chiaro però che in questi casi le stime circa la possibile prosecuzione di queste tendenze sono caratterizzate da particolare incertezza, in considerazione dell’eccezionalità della contrazione dei consumi durante la pandemia e delle sue determinanti.
Le preferenze di europei ed italiani nei consumi
02-09-2021