Le stime sulla crescita del Pil nel 2022 peggiorano

Le stime sulla crescita del Pil nel 2022 peggiorano
13-04-2022

Nella NaDef (Nota di Aggiornamento al Def) del 1 ottobre scorso il Governo prevedeva che l’aumento del Pil del 2022 sarebbe stato del 4,7%. Si sarebbe trattato del completamento del rimbalzo del 2021, quando l’economia italiana è cresciuta del 6,6%, e la somma di queste due crescite ci avrebbe riportato stabilmente al di sopra dei livelli pre-pandemici. Con la guerra in Ucraina, vero e proprio nuovo “cigno nero” per l'economia mondiale, le stime di 6 mesi fa sono diventate irrealistiche e L’esecutivo ha dovuto ritrattare, nel Def appena varato, le cifre, e abbassare al 3,1% le previsioni di aumento del Pil per quest'anno. Ma anche queste sono proiezioni incerte e piuttosto ottimistiche, lo dimostra uno studio approfondito di Banca d’Italia, che presenta diversi scenari possibili.

Nel primo, che sembra essere quello sul quale punta il Governo Draghi, si prevede una rapida cessazione del conflitto in Ucraina. Questo avrebbe come conseguenza una crescita del Prodotto interno lordo italiano del 3%; l’inflazione si ridurrebbe a una media del 4% e l’anno prossimo scenderebbe all’1,8%.

Lo scenario medio, invece, include la possibilità di una prosecuzione della guerra ancora per molti mesi. In questo caso, che oggi appare anche il più realistico, l’economia potrà espandersi nel 2022 di non più del 2%, con un carovita più alto, del 5,6%, che diventerà del 2,2% nel 2023.
 
Vi è anche uno scenario in cui l’Italia torna in recessione: è quello in cui le forniture di gas dalla Russia vengono interrotte e non vengono sostituite se non in parte. A determinare questo esito sarebbe anche un’inflazione di ben l’8%, che calerebbe al 2,3% nel 2023.

Inutile sottolineare che l’andamento del Pil va a influenzare quello del deficit e del debito pubblico e, nel caso peggiore, quest’ultimo è destinato a risalire nonostante l’effetto benefico di un’alta inflazione.

Per il 62,7% degli imprenditori la situazione economica è in peggioramento
Banca d’Italia ha anche svolto un’indagine sul sentiment e sulle aspettative delle imprese italiane in questo momento molto particolare e incerto della nostra economia. Quello che emerge, come è facile immaginare, è un generale pessimismo. Il 62,7% degli imprenditori intervistati ritiene che, rispetto allo scorso trimestre, la situazione sia in peggioramento. La visione più negativa viene da coloro che guidano un’azienda dell’industria o dei servizi nel Nord Est. In tal caso questa percentuale arriva al 68,7%, mentre vedono un po’ meno nero coloro che hanno un’azienda delle costruzioni impegnata nel mercato residenziale. 

In generale sono le imprese più piccole quelle che hanno più timori: il 49,5% di esse non vede alcuna possibilità di miglioramento delle prospettive economiche nei prossimi tre mesi. Tra quelle con mille addetti o più si scende al 34,5%.
 
Queste previsioni pessimistiche sembrano in contrasto con le stime sulle performance della propria impresa. Coloro che ritengono che la domanda per i propri beni o servizi aumenterà, il 35,8%, sono più di quelli che pensano che diminuirà, il 21,1%, con una maggioranza relativa, il 43,2%, che crede rimarrà invariata.
 
Questo gap positivo è massimo nel settore delle costruzioni e nei servizi, in particolare per quanto riguarda le imprese più grandi, e non è solo la domanda interna, ma anche quella estera a essere prevista in crescita o al più stabile.
 
Questo significa che il peggioramento paventato dell’economia è dovuto soprattutto all’aumento del prezzo dell’energia, che arriva a guastare un quadro complessivamente non negativo. Come accade in questi casi, a spaventare imprese e cittadini è soprattutto che l’incertezza sul futuro porti a un rallentamento degli investimenti, indispensabili per la ripresa