Con l’apertura delle filiali di Padova (2021) e Verona (2022), la Banca del Fucino è oggi presente in una delle aree più dinamiche del Paese. Il Veneto, infatti, è terzo tra le regioni italiane quanto a Pil prodotto, 152 miliardi e 341 milioni nel 2020, ma, soprattutto, è secondo dopo la Lombardia a livello di valore aggiunto dell’industria. Le piccole e grandi aziende industriali diffuse in modo capillare sul territorio veneto generano, secondo i dati della Banca d’Italia, 44 miliardi e 555 milioni di euro, 37 miliardi e 975 milioni se non consideriamo le costruzioni. Si tratta, peraltro, di valori sottostimati, visto che si riferiscono all’anno della pandemia, che ha visto un momentaneo crollo della produzione.
La crisi dovuta al Covid, infatti, ha fatto più danni che altrove a un’economia vocata soprattutto all’iniziativa privata e con solide connessioni con l’estero come quella veneta, e ha causato una riduzione del Pil del 9,7%, superiore alla media nazionale dell’8,9%.
Tuttavia la forza strutturale delle imprese di questo territorio ha fatto in modo che la ripresa fosse più forte che nel resto d’Italia: nel 2021 il prodotto interno lordo regionale è cresciuto del 7,6%, ben più del +6,6% complessivo italiano e, fatto ancora più importante, la produzione manufatturiera è salita del 16,6%, ritornando già ai livelli del 2019.
Quest’ultimo dato è particolarmente rilevante perché il Veneto è la regione in cui proprio la manifattura incide di più sull’economia. L’industria in senso stretto genera il 27,5% del valore aggiunto complessivo. In Lombardia si ferma al 22,2%, in Piemonte al 24,1%, e viene superata anche l’Emilia Romagna (27,4%), area a grande vocazione industriale. Certamente ha contribuito anche la ripresa dell’export: da questa regione proviene il 13,3% dei beni e servizi venduti all’estero dalle imprese italiane.
Una regione attrattiva verso l’esterno
La presenza di un tessuto economico forte fa in modo che il mercato del lavoro sia tra i più vivi del Paese: il tasso di occupazione generale è decisamente superiore a quello medio nazionale, 65,7% contro il 58,2% nel 2021. Considerando solo quello dei giovani con meno di 30 anni, il Veneto è la seconda regione con i numeri più positivi: il 40% dei residenti di questa età ha un impiego, contro un dato italiano del 31,1%. La disoccupazione è molto bassa ed è pari al 5,4%, molto inferiore al 9,7% nazionale. Solo il Trentino Alto Adige fa meglio, con il 4,3%.
Non stupisce, quindi, che il Veneto sia molto attrattivo verso l’esterno, sia verso gli italiani che vivono in altre regioni che verso gli stranieri.
Nonostante sia quarta quanto a numero di abitanti, questa regione da venti anni è quasi sempre seconda quanto a trasferimenti di residenza in entrata, dopo la Lombardia. Nel 2019, per esempio, ve ne sono stati 145.279, di cui 112.253 dal resto dell’Italia e 33.026 dall’estero.
La proporzione di stranieri, del 10,5% nel 2021, è superiore alla media nazionale, e arriva fino al 12,3% in una delle province più importanti dal punto di vista economico, quella di Verona. Questo contribuisce a frenare il calo demografico che pure è cominciato anche qui negli ultimi anni, ma è meno pronunciato che in altre realtà del Paese. La popolazione veneta è oggi sostanzialmente la stessa di 10 anni fa, mentre quella italiana è diminuita dello 0,7%, e mentre a livello nazionale negli ultimi cinque vi è stato un calo del 2,7%, in Veneto questo è stato solo dell’1,1%.