L'ECONOMIA DELLA SICILIA

Sicilia
04-11-2022

Con due filiali a Palermo e Catania Banca del Fucino è presente anche in Sicilia e contribuisce con la propria attività allo sviluppo economico dell’isola in un contesto certamente complesso.

La regione autonoma è la quinta in Italia per numero di abitanti (dopo Lombardia, Lazio, Campania e Veneto) con 4.801.468 residenti a inizio 2022 ma è solo ottava per quanto riguarda il prodotto interno lordo, che ammonta a 83 miliardi e 65 milioni secondo i dati del 2020 di Banca d’Italia. Diventa, poi, penultima se a essere considerato è il Pil pro capite, che è di 17.111 euro, meno della metà di quello della Lombardia. Solo la Calabria, con 16.384, è più povera. Certamente l’economia siciliana, come in generale quella del Mezzogiorno, presenta diverse fragilità strutturali ma è d’obbligo sottolineare anche le recenti tendenze positive.

La ripresa post-pandemica nell’ambito dell’agricoltura, settore che nell’isola ha un peso superiore a quello che ha in gran parte delle altre regioni, è stato maggiore della media nazionale. Il valore aggiunto di questo comparto è aumentato nel 2021 dell’1,9% rispetto all’anno precedente, mentre sia in Italia che nel Mezzogiorno si sono registrati ulteriori cali, rispettivamente dello 0,8% e dello 0,4%.

Bene anche il settore dell’industria, che ha segnato un ottimo +12,7%, superiore al dato nazionale e a quello delle altre regioni meridionali. Secondo una ricerca della Banca d’Italia a riprendersi è stata più di metà delle imprese con più di 20 addetti, mentre solo una minoranza, poco più di un terzo, ha visto un’ulteriore riduzione del fatturato.

In particolare l’ambito delle costruzioni, dopo una lunga crisi, ha visto un incremento del valore aggiunto di circa il 20%, in linea con la media italiana.

Dati analoghi a quelli del resto del Paese caratterizzano anche i servizi, dove l’aumento, sempre nel 2021, è stato del 4,3% grazie soprattutto alla ripresa (ancora parziale) del turismo, risorsa essenziale per la regione, con i pernottamenti che sono rimasti di più di un terzo inferiori a quelli del 2019, prima del Covid.

Nel 2021 l’occupazione è cresciuta più che nel resto d’Italia

Anche dal punto di vista lavorativo, inoltre, la Sicilia ha visto miglioramenti maggiori rispetto a quelli registrati a livello nazionale: a fine 2021 il tasso di occupazione è arrivato al 43,4%, un dato molto minore rispetto al 59,5% italiano, ma rispetto al 41,2% del 2019 l’incremento, del 2,2%, è stato decisamente più alto di quello medio del Paese, che è stato solo del 0,5%.

Di conseguenza il tasso di disoccupazione è diminuito, arrivando, alla fine dello scorso anno, al 16,4%. Nel 2019 era del 20%. A trainare l’aumento del numero dei lavoratori è stata l’edilizia. Ogni singolo trimestre, a partire da metà 2020, ha registrato una crescita in doppia cifra degli occupati in questo comparto. Nel quarto del 2021, per esempio, è stata del 19,8%.

L’auspicio è che queste performance positive siano confermate anche nei prossimi mesi e anni, nonostante la crisi energetica e inflattiva, e contribuiscano a frenare uno degli elementi che influiscono negativamente sull’economia siciliana, l’emigrazione.

Secondo l’Istat tra il 2002 e il 2020 si sono contate 556.806 cancellazioni all’anagrafe solo per trasferimento in altre regioni d’Italia, a fronte di 316.795 iscrizioni. La tendenza è peggiorata negli ultimi anni dello scorso decennio: tra il 2017 e il 2020 coloro che hanno lasciato la Sicilia sono stati più del doppio di quelli che l’hanno raggiunta da altre aree del Paese, 126.227 contro 62.388.

Si tratta di un fenomeno che riguarda in particolare i giovani, spesso ben istruiti. È un vero e proprio deflusso di capitale, umano in questo caso, che sarebbe invece utile per lo sviluppo dell’isola

Tuttavia l’inversione di tendenza che si intravede in ambito economico nel periodo post-pandemico fa sperare anche a questo riguardo