"La vita non è aspettare che passi la tempesta, ma imparare a ballare sotto la pioggia" (Mohāndās Karamchand Gāndhī)
Per alcuni secoli l'utilizzo della parola resilienza è stato esclusivamente tecnico: il termine deriva dal latino "resiliens", participio presente di resilire ("saltare indietro") e cominciò, a partire dal Settecento, ad essere usato in fisica.
La resilienza è la capacità di un materiale di resistere ad un urto assorbendone l'energia attraverso la deformazione elastica. Si tratta di una proprietà meccanica che consente al materiale di non rompersi in caso di impatti e di rispondere a pressioni mantenendo le caratteristiche originarie.
Misurando l'energia necessaria per portare un campione del materiale alla rottura si ottiene una stima della sua resilienza, che è quasi sempre funzione della temperatura.
Lo stesso concetto è riportato in campo economico: un sistema sarà tanto più resiliente quanto più in grado di reggere l'urto di una serie di eventi negativi, per esempio una crisi finanziaria.
In questo periodo si parla di PNRR, Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, caratterizzato dall'obiettivo di sanare i danni economici e sociali immediati causati dalla pandemia di coronavirus ma, al tempo stesso, quello di trasformare l'economia europea, rendendola più sostenibile, digitalizzata e in grado di esercitare una leadership nei settori produttivi più innovativi.
Dunque, prendendo come spunto la teoria evolutiva, si può estendere l'idea di resilienza alla possibilità di un sistema di riorganizzare la sua struttura a seguito di un trauma.
Questa caratteristica permette alla società di trovare nuovi scenari di crescita.
La resilienza sociale non è altro che la capacità di gruppi di individui o comunità di far fronte a cambiamenti sociali, politici e ambientali.
Tuttavia, non basta non essere danneggiati e ritornare alla stessa vita: le crisi devono diventare momenti di crescita e di evoluzione, per il singolo e per la società stessa.
Nel linguaggio psicologico la resilienza definisce la capacità delle persone di riuscire ad affrontare gli eventi stressanti o traumatici e di riorganizzare in maniera positiva la propria vita. La resilienza consente l'adattamento alle avversità, ripristinando l'equilibrio psico-fisico precedente allo stress e, in certi casi, migliorandolo.
La cultura popolare, infatti, ci insegna, più della scienza, come diverse persone riescano dopo eventi dolorosi a superare sé stesse, in quella che viene definita crescita post traumatica.
Nassim Nicholas Taleb, nel suo libro "Antifragile. Prosperare nel disordine" afferma che "L'energia in eccesso che scaturisce dall'iper-reazione di fronte ad una difficoltà è ciò che ci permette di innovare".
Anche le grandi innovazioni non sono mai partite da situazioni di agio, ma dalla necessità.
Dobbiamo far sì che questo periodo di crisi possa costituire una risorsa per andare avanti e ridisegnare il nostro percorso in un'ottica risolutiva e costruttiva, partendo da noi stessi.
Avere un alto livello di resilienza non significa essere infallibili ma disposti al cambiamento quando necessario, disposti a pensare di poter sbagliare, ma anche di poter correggere la rotta.
Ricordiamoci che il successo nasce dal rischio e che il rischio non ha paura del fallimento.
Del resto, il concetto di fallimento nei Paesi anglosassoni viene considerato come aspetto insito nel loro tipo di cultura, necessario nell’imprenditoria e nel mercato: infatti, non si può immaginare di creare un’azienda di successo senza sbagliare.
«Ho provato. Ho fallito», scrisse Samuel Beckett. «Non discutere. Prova ancora. Fallisci ancora, fallisci meglio».
Negli Stati Uniti, la cultura è ricca di esempi di persone che sono state in grado di raggiungere il successo professionale dopo clamorosi fallimenti. Thomas Alva Edison affermò: «Io non ho fallito 5.000 esperimenti. Ho avuto successo 5.000 volte, gli insuccessi mi hanno insegnato che quei materiali non funzionavano». I fallimenti contribuirono ad aiutarlo a correggere gli errori.
Il risultato? Oltre ad aver brevettato nel 1879 una lampadina con un filamento sottile e ad alta resistenza elettrica, Edison fondò la General Electric Company, la multinazionale statunitense, 26° compagnia al mondo per fatturato, secondo la classifica Fortune Global 500.
A tal proposito, è importante ricordare anche Henry Ford, il quale affermò: «Il fallimento è una possibilità di ricominciare in modo più intelligente». Questa consapevolezza era nata in lui grazie agli ostacoli iniziali. Affrontò due crac, poi fondò la Ford Motor Company, una delle maggiori società produttrici di automobili negli Stati Uniti e nel mondo.
Lo scrittore, filosofo e psicoterapeuta Massimo Recalcati nel suo Elogio del fallimento ha evidenziato l'importanza dell'incontro con il limite.
Solamente il vuoto rende possibile il gesto creativo, lo slancio vitale.
«Ci vuole tempo per darsi una forma, ci vuole il tempo del fallimento, del disorientamento, del perdersi per ritrovarsi. Il fallimento è la vita che si smarrisce in una nuova possibilità».
L'antica arte giapponese del Kintsugi consiste nel lungo e complesso processo di riparazione degli oggetti che hanno subito una rottura con una lacca (urushi) per saldarne i frammenti ma evidenziandone le incrinature con polvere d'oro. L'oggetto, così, risulta impreziosito e assume un carattere di unicità diventando una vera e propria opera d'arte nella quale le crepe, che in precedenza erano difetti e punti fragili da nascondere, vengono invece valorizzate con l'oro.
Così come il Kintsugi consente il recupero e la valorizzazione di un oggetto rotto, analogamente l'individuo può compiere un lavoro su sé stesso sviluppando la propria capacità di resilienza, attraverso un percorso di superamento e di guarigione delle proprie ferite interne e di trasformazione di queste ultime in punti di forza.
Può risultare un processo lungo e lento, ma attraverso le prove si va comunque avanti, anche quando si ha l'impressione di essere rimasti immobili al punto di partenza.