L’inflazione italiana è più bassa rispetto al resto d’Europa, per i prezzi di energia e servizi

Inflazione italiana
05-12-2025

Nell’ultimo anno, tra ottobre 2024 e ottobre 2025, il tasso d’inflazione in Italia è stato mediamente dell’1,7%, contro il 2,5% della media europea. Il nostro è uno dei valori di crescita dei prezzi più bassi, superato solo – tra le maggiori economie europee – dal dato della Francia, pari ad appena l’1,1%. Sono stati soprattutto gli Stati dell’Est ad alzare il dato comunitario, con incrementi che in Romania, per esempio, hanno toccato il 6,2%, in Estonia il 4,7%, in Ungheria il 4,6%. Anche in Germania e Spagna, comunque, la crescita dei prezzi è stata maggiore rispetto a quella italiana, rispettivamente pari a +2,3% e a +2,6%. 

A motivare questi divari è un mix di ragioni tra cui l’andamento del costo dell’energia, che in alcuni Paesi ha avuto un picco nel passato e ora è in calo o sale molto poco, e quello della domanda, che è maggiore in quelle aree in cui i redditi crescono di più, come a Est, appunto. 

Nel caso dell’Italia a determinare un’inflazione inferiore a quella europea è soprattutto il fattore energetico: dopo la forte crescita nel biennio 2022-23, i prezzi dell’energia nell’ultimo anno sono scesi dello 0,3% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, mentre nella Ue sono saliti dell’1,9%. Il gap è ancora maggiore se parliamo delle sole tariffe del gas e dell’elettricità: una crescita europea rispettivamente del 2,7% (per il gas) e del 2,6% (per l’elettricità) diventa una riduzione dello 0,1% e dello 0,6% in Italia. Va al contempo sottolineato come ad oggi in Italia i prezzi dell’energia – e specialmente quelli di gas ed elettricità – rimangano tra i più elevati d’Europa, contribuendo a spiegare anche le difficoltà dell’industria e la debole crescita dei consumi.

 

Molti beni alimentari e i voli crescono più che nel resto dell’Ue

 

L’inflazione italiana è poi risultata inferiore alla media europea nell’ambito di alcuni servizi fondamentali: i costi relativi alle case di riposo, per esempio, sono aumentati del 2,4%, più della media dell’intero indice dei prezzi al consumo (+1,7%) ma molto meno di quanto sia accaduto nell’Ue, +6,4%. Un forte divario è presente anche nel costo dell’educazione dei più piccoli, ovvero delle scuole materne, +1,9% in Italia a fronte del +5,6% europeo. Le assicurazioni sanitarie, inoltre, hanno visto un rincaro dell’1,3%, molto inferiore di quello del 5,6% nell’Ue. Appare chiaro, qui, il ruolo giocato dai costi del lavoro, che nel nostro Paese da tempo crescono molto meno che nel resto del Continente, come confermano i dati sui salari.. 

Ci sono, però, anche beni e servizi che nel nostro Paese hanno visto rincari maggiori che altrove, soprattutto nel settore alimentare. Si tratta di prodotti cosiddetti di prima necessità come il caffè, che nell’ultimo anno ha subìto un forte aumento dei prezzi ovunque, ma in Italia è stato del 20,2%, ancora maggiore di quello medio Ue, +15%. Molto più caro è anche il burro, che ha visto un aumento dei prezzi del 16,7% (+13,5% il dato europeo); il formaggio, +5% (+3,5% in Europa) e la carne di maiale, +3,6% (+2,1% la media Ue). 

È degno di nota, poi, che l’inflazione sia stata maggiore su   tra quei beni e servizi che negli ultimi anni hanno visto una maggiore crescita della domanda. Per esempio: i servizi sportivi e ricreativi hanno avuto un rincaro dell’11,6% nell’ultimo anno, mentre in Europa solo del 4,6%. Idem per i prezzi dei biglietti dei voli interni, che sono aumentati del 14,6%, molto più che a livello comunitario (+6,6%).