L'invenzione della lettera di cambio

lettera di cambio
04-07-2022

Lettera di cambio. Bruges-Barcellona. 2 settembre 1398. Prato, Archivio di Stato. Datini, busta 1145/1
Foto: Archivio di Stato di Prato

Dopo il Mille, dal X al XIII secolo, che si compie il “Miracolo” italiano ed europeo dovuto a vari fattori concomitanti. 
La maggiore stabilità politica, dovuta alla diminuzione dei conflitti tra feudatari, l’assenza di peste per due secoli, la diminuzione dei saccheggi da parte delle popolazioni nomadi e dei pirati saraceni portarono ad un notevole aumento demografico per cui la popolazione europea passa da circa 38 a 73 milioni di abitanti. Vi è l'espansione delle terre coltivate e quindi un aumento della produzione agricola con l'uso di nuovi strumenti e nuove tecniche di lavoro, dall'aratro pesante ai mulini a vento e alla ruota d'acqua per sfruttare l’energia eolica e idrica.
Nelle città la popolazione si ingrandì e rafforzò dando poi origine a una nuova classe sociale, la borghesia, che fondava il suo potere sulla produzione e vendita di merci, alimentando così la circolazione della moneta. I borghesi erano mercanti, artigiani, banchieri, medici, uomini di legge. Le relazioni economiche furono intensificate e i prodotti circolavano in Europa ma anche in Africa e nell'estremo Oriente. 
In Italia il fenomeno della rinascita cittadina si verificò prima che altrove grazie anche alle città marinare (Amalfi, Pisa, Venezia e Genova), che costituirono un vero e proprio impero commerciale.
Il conflitto tra Chiesa di Roma e Impero d'Occidente, ricostituito dopo Carlo Magno dai principi germanici e poi dai Normanni, favorì il rafforzarsi di questa classe, a discapito dell'aristocrazia, e che porterà alla nascita dei Comuni, le nuove istituzioni della rinascita italiana. 
La posizione geografica dell'Italia poi, tra Europa continentale e Oriente mediterraneo, facilitò enormemente gli scambi commerciali e la circolazione della moneta.
Si può affermare che, ante litteram, l'Italia stesse inventando il capitalismo almeno sotto l’aspetto dell’intraprendenza, dell'organizzazione e della moneta. 
Il mercante italiano è un viaggiatore inquieto (Marco Polo) e, dalla metà del Duecento a quella del Trecento, era abituato ad andare dal Mar d'Azov alla Cina (vedi F. Pergolotti "Pratica della mercatura", 1340) o circumnavigare l'Africa per raggiungere l'Oriente.
Soprattutto, sono italiane le prime multinazionali. Abbiamo copiose testimonianze, ad esempio, che Francesco Datini, di Prato, emigrato ad Avignone abbia fondato una piccola impresa di tessuti che sviluppò in una catena di aziende collegate tra loro a Pisa, Prato, Genova, Valenza, Barcellona e Maiorca. Lasciò alla moglie, alla sua morte, un capitale di 100 mila fiorini d'oro. 
Italiane furono anche le prime banche.
Dalla metà del Duecento i fiorentini, in particolare, si specializzano nell’attività di cambiavalute: prestano dapprima ai clienti della cerchia locale per estendere poi il credito ai grandi clienti nobili, re e Papi, con operazioni di portata maggiore (raggiungendo talvolta proporzioni insostenibili, vedi il debito di re Edoardo III).  
Infatti, agli inizi degli anni '40 le guerre di Edoardo III (guerra dei 100 anni) erano diventate estremamente costose e senza risultati positivi. Non ripagò il debito di oltre un milione e trecento mila fiorini che aveva contratto con le famiglie dei banchieri fiorentini Bardi, Peruzzi e Acciaiuoli causandone il fallimento e influendo, effetto domino, sull'economia della città di Firenze.
Logicamente, era impossibile che a queste cifre potesse circolare la moneta d’oro, così gli Italiani inventarono la “lettera di cambio”, documento sostitutivo del denaro liquido. Questa riportava le somme a debito da regolare alla fine della compensazione occultando, però, l'interesse. 
È dall'attività di cambio delle monete che nasce il credito nel Medioevo. Ma, gli Italiani poi costituirono società bancarie con agenzie in tutta Europa, inventarono la partita doppia e istituirono per i giovani futuri banchieri delle scuole specifiche di contabilità. 
Oltre a una posizione monopolistica nel settore del credito, ebbero un ruolo importante nella circolazione monetaria internazionale con la moneta del fiorino: esportando più di quanto importassero, gli europei e gli italiani ricevevano in pagamento oro dall’Oriente. Aumentando la disponibilità di oro si riduceva il suo prezzo e, per questo, soprattutto le repubbliche italiane iniziarono a emettere monete loro: Genova il genovino, Venezia il ducato e Firenze il fiorino. 
Fu proprio il fiorino a divenire presto la moneta internazionale.

Miniatura scuola veneta
La miniatura della Scuola veneto-bolognese rappresenta la professione bancaria. Seminario patriarcale, Venezia. XV secolo. Foto: Bridgeman / Aci

 

Questo testo fa parte di una serie di articoli (qui si può leggere l'introduzione, la prima partela seconda parte, la terza parte, la quarta parte, la quinta parte, la sesta parte e la settima parte).