Nel 2024 l'Italia è tornata in avanzo primario: come è successo?

Nel 2024 l'Italia è tornata in avanzo primario: come è successo?
11-03-2025

A cinque anni dall'inizio della pandemia Covid-19, l'Italia è tornata in avanzo primario; la differenza tra entrate e uscite delle casse dello Stato, al netto degli interessi pagati sul debito, è cioè entrata nuovamente in territorio positivo. La pandemia aveva infatti interrotto la lunga serie di avanzi primari registrati dall'Italia tra il 1991 e il 2019 (con la sola eccezione del 2009), riportando il bilancio dello Stato in rosso. Tuttavia, secondo gli ultimi dati Istat, nel 2024 si è finalmente tornati ad un avanzo primario dello 0,4% del Pil, un dato notevole se si considera che nel 2023 eravamo ancora in disavanzo del 3,6%.

Come ci siamo riusciti? In parte il miglioramento dei conti pubblici è dovuto alla crescita del Pil, che nel 2024 è stata dello 0,7%, battendo, seppur di pochi decimali, sia le stime preliminari di gennaio dell'Istat, che prevedevano un incremento dello 0,5%, sia quelle del Fmi, che avevano stimato un aumento dello 0,6%. Il Governo era stato più ottimista, stimando nel Piano Strutturale di Bilancio una crescita dell'1%, in contrasto con la Commissione Europea che, sempre in autunno, prevedeva invece un incremento dello 0,7%, proprio quello che poi si è verificato.

Ma i conti pubblici si sono giovati anche della diminuzione della spesa per il Superbonus, che ha fatto scendere nel 2024 le spese in contro capitale, quindi investimenti e contributi agli investimenti, di 78,3 miliardi. Ciò ha contribuito al calo complessivo della spesa, che, al netto degli interessi, è diminuita di 48,9 miliardi.
 
Nel 2024 l'economia italiana è cresciuta a un ritmo più lento rispetto all'occupazione
Come in ogni bilancio oltre alle dinamiche delle uscite contano anche quelle delle entrate, che, altra notizia rilevante, sono aumentate del 3,7% rispetto al 2023 arrivando per la prima volta oltre i mille miliardi di euro. La responsabilità è soprattutto della crescita del gettito fiscale, cioè delle entrate da tasse e contributi: le imposte dirette complessive (come l'Irpef) hanno visto un incremento del 6,6% e quelle indirette (come l'Iva) del 6,1%. È questo il motivo che ha portato il dato della pressione fiscale sul Pil dal 41,4% (2023) al 42,6% (2024), incremento che a sua volta ha contribuito al superamento delle entrate sulle uscite e quindi, appunto, all'avanzo primario.

L'aumento della pressione fiscale non è stato tuttavia l'effetto di un inasprimento delle tasse, bensì della crescita dell'economia e, soprattutto, dell'occupazione. Nel 2024 le unità di lavoro (i lavoratori, calcolati come se fossero a tempo pieno) sono infatti aumentate del 2,2%, e le retribuzioni lorde per occupato del 2,9%. Il risultato complessivo è stato un incremento del totale aggregato dei redditi da lavoro del 5,2%, molto più del Pil. Più entrate da salari significa anche più tasse, pagate da lavoratori e imprese, che entrano nelle casse dello Stato.

Questo incremento dell'occupazione e degli stipendi per ora ha avuto un effetto positivo sui conti pubblici, ma non altrettanto marcato sulla crescita, essendosi tradotto in parte in risparmi. Dopo anni di perdita di potere d'acquisto i maggiori salari vengono ora messi da parte: tra il primo e il terzo trimestre 2024 (ultimo dato disponibile) la propensione al risparmio degli italiani è infatti risultata superiore al 9%, più della media del periodo 2010-19. È anche per questo che i consumi privati sono aumentati solo dello 0,4% nel 2024: come in altri Paesi europei, nel 2024 la fiammata inflazionistica del 2022-23 ha continuato a pesare sui comportamenti dei consumatori, portandoli ad assumere un atteggiamento più prudente nelle proprie abitudini di spesa. Le cose cambieranno nel corso del 2025? È ancora tutto da vedersi.