L’economia è in evidente rallentamento, ma per una volta imprese e consumatori italiani sono meno pessimisti di quelli europei. Come mostrano i dati Istat ed Eurostat, è cresciuto nel tempo il gap tra l’Economic Sentiment Indicator (Esi) del nostro Paese e quello medio dell’area euro con il primo assestatosi sul valore di 100,3 e il secondo su un ben più basso 93,3.
L’Esi è uno strumento della Commissione Europea per valutare la percezione da parte della popolazione della congiuntura economica e consiste in una serie di questionari diversificati rivolti alle imprese del settore delle costruzioni, dell’industria, dei servizi, delle attività finanziarie e del commercio al dettaglio nonché ai consumatori: vengono chieste loro opinioni e stime sull’andamento degli ordini, degli stock, degli investimenti, così come dei profitti, dei prezzi e dei consumi. Dall’elaborazione di questi dati è possibile redigere un indice che mostra il sentiment della popolazione e degli operatori economici. A pesare di più, rispettivamente il 30% e il 40%, sono le imprese dei servizi e dell’industria, e questo rende tale indicatore particolarmente interessante, perché sono proprio i rovesci delle aziende industriali, dei loro investimenti e del loro valore aggiunto, quelli che stanno influenzando maggiormente il rallentamento del Pil italiano ed europeo.
Ebbene, a fronte di una media di lungo periodo di 100, a fine agosto il punteggio Esi italiano era di 100,3, il che sta a indicare una valutazione ancora leggermente più positiva di quelle passate. Certamente, vi è stata una riduzione rispetto ai mesi scorsi, per esempio rispetto al 104,6 di aprile, ma se il paragone è invece il settembre 2022 siamo davanti a un incremento di 3,9 punti. La stessa cosa non è accaduta nel resto d’Europa.
In Germania l’Esi è crollato a 88,6
Un esempio eclatante è la Germania, dove l’Economic Sentiment Indicator è crollato a 88,6 in agosto. Si tratta di un calo di quasi 10 punti in soli 4 mesi e di una riduzione decisa anche rispetto a un anno fa.
Sono numeri coerenti con le previsioni piuttosto impietose della Commissione Europea, che stima che nel 2023 l’economia tedesca, unica tra quelle più grandi della Ue, si contrarrà dello 0,4% a causa principalmente dell’impatto dell’aumento dei prezzi dell’energia sulla sua industria.
Anche in Francia, che pure è vista crescere più della media e più dell’Italia, il livello dell’Esi, 91,4, è inferiore a quello italiano e inferiore al picco (pur deludente) raggiunto a gennaio, 98,4.
Meglio del nostro Paese fa invece la Spagna, dove il sentiment di consumatori e imprese è anzi in aumento ed è giunto a 102,4, il dato migliore dell’ultimo anno se si esclude il 103,6 di aprile. L’ottimo andamento del Pil iberico, che quest’anno dovrebbe espandersi di ben il 2,2%, ha certamente un ruolo fondamentale su questi dati.
Naturalmente a contare sono anche altri fattori, come l’incertezza politica e le tensioni interne, che hanno avuto probabilmente un ruolo in Francia, e, tornando sull’economia, le aspettative e il confronto con il passato. Questo spiega, per esempio, perché tra i Paesi europei in cui l’Esi nell’ultima rilevazione è risultato più alto vi sia la Grecia. Qui in agosto è arrivato a 111,7, ed è in crescita. È evidente come, nonostante le tante difficoltà che permangono, le prospettive appaiano più rosee rispetto agli anni dell’austerità e del crollo di Pil, redditi e occupazione.
Trattandosi di un indicatore fortemente legato a dinamiche psicologiche, non è improbabile che nei prossimi mesi si possa assistere ad una discesa del dato Esi italiano verso cifre più simili alla media dell’area Euro. Diversi segnali negativi sono infatti emersi tra il secondo trimestre 2023 e i mesi estivi, tra cui in particolare un calo del Pil dello 0,4% nel periodo aprile-giugno e la contrazione del numero di occupati nel mese di luglio.