
Secondo gli ultimi dati dell'Istat il numero dei lavoratori in Italia ha superato la soglia dei 24 milioni di persone: 24 milioni e 65mila, per la precisione, con una crescita di 274mila in un solo anno e di 1 milione e 17mila rispetto alla fine del 2019, prima che scoppiasse l'emergenza pandemica.
Si tratta certamente di buone notizie, soprattutto perché si accompagnano a un tasso di occupazione (rapporto tra lavoratori e popolazione) che l'anno scorso ha toccato il 62,4%, un record per l'Italia. Rimane tuttavia tra i più bassi d'Europa: siamo tra i Paesi con meno lavoratori (regolarmente registrati) sul totale della popolazione, e allo stesso tempo tra i Paesi più anziani; significa che, nonostante i progressi, ci sono ancora troppi pochi occupati a creare le risorse necessarie, per esempio, per pagare sia le pensioni di chi ha smesso di lavorare che le altre, le pensioni sociali.
È un fatto reso evidente dal rapporto tra numero di lavoratori e di pensionati, che ormai, secondo gli ultimi dati disponibili (di fine 2023), è solo di 1,49. Ci sono, cioè, 149 occupati per ogni 100 pensionati, mentre in Germania, altro Paese con altissima età media, sono 179 e in Spagna ancora di più, 204.
Nei dati sono inclusi anche quei pochi soggetti che continuano ad avere un impiego nonostante abbiano ormai cominciato a percepire una pensione, magari anticipata. In realità in Italia questa categoria comprende solo il 9,4% dei pensionati 50-74enni, meno della media Ue del 13% e molto meno rispetto alla media del Nord Europa, dove supera il 40% in Paesi come la Svezia. Anche questo dato contribuisce a tenere basso il rapporto tra lavoratori e pensionati.
Reggio Calabria, Vibo Valentia, Taranto, Crotone: qui ci sono meno stipendi che assegni pensionistici
Nel rapporto tra numero di lavoratori e numero di pensionati, il dato cambia moltissimo a livello geografico. I valori più alti sono quelli delle province con il maggiore tasso di occupazione, che coincidono solitamente con quelle con i redditi pro capite più alti. Al primo posto c'è la provincia autonoma di Bolzano, con 196,5 lavoratori ogni 100 pensionati, superando di poco Prato, con 195,3, e Milano, con 188,4. Seguono poi Verona e Roma, con 180,6 e 177,7. Nella top 10 ci sono poi province dell'Emilia-Romagna come Parma e Reggio Emilia, con rispettivamente 177,5 e 173,4 occupati ogni 100 pensionati, e del Veneto, come Padova e Treviso, nonché la lombarda Monza e Brianza.
Alcune di queste aree, oltre a essere le più ricche, sono spesso anche tra quelle con il maggior tasso di fertilità, come nel caso della provincia di Bolzano, con 1,57 figli per donna nel 2023, oppure quelle con la maggiore percentuale di immigrati, come nei casi di Prato e di Reggio Emilia.
Nel Mezzogiorno, al contrario, non solo troviamo alcuni dei valori più bassi del rapporto tra lavoratori e pensionati, ma anche alcune provincie in cui i secondi superano i primi. Il caso più significativo è quello della provincia di Reggio Calabria, dove a fine 2023 a percepire un assegno pensionistico erano in 151.013, mentre ad avere un impiego erano solo 140.542: in sostanza, c'erano 93,1 lavoratori ogni 100 pensionati. Non dissimile la situazione in provincia di Vibo Valentia, 97,7, di Taranto, 98,7, di Crotone, 98,8.
A essere in questa condizione sono soprattutto quelle aree caratterizzate sia da un'economia molto fragile (e quindi, tendenzialmente, da una scarsità di posti di lavoro) che da una crisi demografica di proporzioni particolarmente importanti, del resto collegata a quella economica. Qui le poche nascite sono accompagnate da un'emigrazione intensa. I prossimi anni saranno decisivi: la realtà di queste province è il destino futuro anche del resto del Paese? O è possibile un'inversione di tendenza?