Ripartono le esportazioni

Ripartono le esportazioni
16-03-2022

L’export ci aveva già salvato una volta. E lo sta facendo anche adesso. La crisi dei debiti sovrani del 2008 è stata superata proprio grazie alle esportazioni delle imprese italiane: infatti, l’export è stata l’unica voce con il segno più, quando consumi e investimenti cadevano. E anche adesso la domanda estera contribuisce molto più di quella interna alla ripresa dell’economia. Istat mostra come, mentre nel complesso il Pil ancora non è tornato ai livelli del 2019, le esportazioni li hanno già superati.

L’Italia, prima del Covid, vendeva beni e servizi per 477 miliardi e 605 milioni di euro, che sono saliti, nel 2021, a 506 miliardi e 207 milioni. Si tratta di numeri destagionalizzati, quelli grezzi sono di circa 10 miliardi più alti. 

Questo risultato è stato raggiunto grazie a una crescita delle esportazioni che ha più che compensato il calo del 2020, quando si erano ridotte del 9,8%.

A fare la differenza è stato, in particolare, l’andamento dell’ultimo trimestre del 2021: tra settembre e dicembre l’export ha fruttato 132 miliardi e 537 milioni, circa il 10,4% in più rispetto allo stesso periodo del 2019.

A livello geografico il Nord Est rappresenta l'area del Paese con le performance migliori, in quanto caratterizzato da un aumento, tra il 2019 e il 2021, dell’8,3% rispetto a quello medio del 6%. La seconda parte dell’anno, in particolare, ha visto progressi superiori al 10%, mentre nel Mezzogiorno ha prevalso la stagnazione o il segno meno fino all’autunno, con un incremento solo nell’ultimo trimestre. 

È da sottolineare, tuttavia, che le esportazioni del Sud e delle Isole erano quelle che avevano subìto il colpo peggiore nel 2020, con una riduzione del 13,3%, ed è per questo che, nonostante il recupero significativo, i numeri del 2021 non appaiono molto più alti di quelli di due anni prima. 

Cresce il peso della Ue, verso i Paesi dell’Unione Europea il 52,3% delle esportazioni
L’incremento delle vendite all’estero nel 2021 è stato più pronunciato verso i partner europei, in particolare, quelli che fanno parte della Ue e dell’area Euro. 

A fronte di un aumento medio, rispetto al 2020, del 18,2% (in questo caso sono i dati grezzi quelli a cui fa riferimento l’Istat), quello verso gli Stati dell’Unione Europea è stato del 20%, mentre le esportazioni verso i Paesi extra europei hanno visto una crescita inferiore, pari al  16,3%. 

Anche rispetto al periodo pre-pandemico, tuttavia, è cresciuto il peso del commercio con l’Unione europea  e questo è riscontrabile dai  dati sulle quote che la stessa Ue  ha sul totale del nostro export: infatti, dal  51,1% del  2019 è passata al 52,3% a fine 2021

Tra i Paesi verso cui si è intensificato il commercio ci sono, in particolare, Germania, Paesi Bassi e Belgio. A questi Paesi sono oggi riconducibili rispettivamente il 13%, il 2,9% e il 3,5% delle vendite all’estero, mentre 3 anni fa queste erano pari al 12,2%, al  2,5% e al  3%. Il tutto in un contesto di volumi in aumento.
 
È, invece, in netta riduzione il peso del Regno Unito post-Brexit, che prima del Covid assorbiva il 5,3% del nostro export e ora solo il 4,5%. Non a caso, l’aumento dei flussi rispetto al 2020 è stato, in questo caso, molto più limitato della media, del 3,9%, contro il già citato +18,2% generale.

Inferiore al 10% è stato anche l’incremento annuale delle esportazioni verso la Russia (+8,8%), la Svizzera (+8,1%), il Giappone (+6,1%), mentre quello delle vendite in Cina è stato più sostanzioso, del 22,1%. Infatti, il peso che l’export verso questo Paese ha sul totale complessivo è passato in due anni dal 2,7% al 3%.

Siamo quindi di fronte a un parziale rallentamento della globalizzazione, con le vendite all’estero che si concentrano su mercati più tradizionali e vicini. La guerra in Ucraina è probabilmente destinata ad accentuare questa tendenza.