Ripresa, disoccupati e autonomi i meno ottimisti

Ripresa, disoccupati e autonomi i meno ottimisti
14-09-2021

Il 2021 è certamente l’anno della ripresa.  Non solo in Italia, ma in tutta Europa e nel mondo occidentale. La domanda è un'altra: che magnitudo avrà la ripresa economica? In Italia sarà davvero maggiore di quella prevista solo pochi mesi fa? E (ancora più interessante) la crescita interesserà tutti allo stesso modo o solo alcune categorie di cittadini e di lavoratori?

Da un’indagine demoscopica della Banca d’Italia appena pubblicata emerge in generale ancora molto scetticismo da parte degli italiani.  In occasione delle riaperture delle attività economiche una grande maggioranza, il 72,4%, riteneva che il reddito del proprio nucleo familiare entro il 2021 sarebbe rimasto stabile, mentre la percentuale di quanti pensavano che invece sarebbe peggiorato continuava a essere maggiore di quella di chi credeva a un miglioramento, 16,8% a 10,8%. 

Ma il dato più importante, al di là del dettaglio dei numeri, che possono cambiare molto in pochi mesi o anche settimane, è il divario di opinione riscontrabile in base all’occupazione. Se tra i pensionati a essere pessimista è solo il 10,2%, si sale al 32,3% tra i disoccupati, al 22,9% tra gli autonomi, al 25,3% tra gli inattivi. I lavoratori dipendenti non si discostavano invece dalla media.

È particolarmente interessante il fatto che queste differenze sono superiori a quelle che si riscontrano a livello geografico, o di istruzione. I meridionali, per esempio, sono di qualche punto meno negativi rispetto a chi abita al Nord e al Centro.
 
Gap simili si notano anche in relazione alla percezione del trend del mercato del lavoro. Gli ottimisti, coloro che pensano che vi sarà un miglioramento, sono il 30,2%, ma scendono al 26,5% tra i lavoratori autonomi, meno positivi perfino dei disoccupati.

In questo caso c'è un’evidente diversità di opinione anche tra laureati e coloro che hanno conseguito la terza media, con solo il 25,9% di questi ultimi, contro il 35,3% dei primi, a pensare che le cose andranno meglio dal punto di vista lavorativo.

I più pessimisti sono coloro che sono stati colpiti di più dalle restrizioni e dalla crisi 
Del resto ormai i dati hanno chiarito come siano stati proprio coloro che avevano posti di lavoro più precari - in ambiti strutturalmente più fragili, giovani e lavoratori con la terza media o titoli inferiori, mediamente meno pagati - a soffrire di più le conseguenze economiche della pandemia. Per esempio, le chiusure obbligate nei settori del turismo, della ristorazione, del commercio, hanno costretto alla disoccupazione centinaia di migliaia di lavoratori senza contratti stabili.
 
E in particolare a pagare caro sono stati gli autonomi che, secondo gli ultimi dati Istat, non hanno beneficiato di alcun rimbalzo dell’occupazione, come è invece avvenuto nel caso dei dipendenti. Questi ultimi nel secondo trimestre del 2021 sono cresciuti di 396mila unità rispetto allo stesso periodo del 2020 (quello delle restrizioni più severe), mentre le partite Iva sono diminuite di 81mila unità, proseguendo un declino iniziato 20 anni fa.
 
Nessuna sorpresa quindi che proprio questa categoria, assieme a quella dei senza lavoro, sia ora la più pessimista. Secondo l’indagine di Banca d’Italia, il 45,1% di chi ha un’attività indipendente ha subìto un calo del reddito rispetto al periodo pre-Covid in questo anno e mezzo, contro il 29,9% della popolazione generale. Il risultato è che a fronte di un 9,6% di italiani che dovrà ricorrere ai risparmi o al debito, tale percentuale sale al 22,8% tra i disoccupati e al 15,2% tra gli autonomi. 

La ripresa rischia di essere diseguale, lasciando indietro proprio coloro che hanno già pagato il prezzo più alto per la crisi.