Scenderanno ancora i tassi della Bce? Forse meno del previsto

Scenderanno ancora i tassi della Bce? Forse meno del previsto
20-01-2025

Il primo taglio del giugno 2024 era atteso: ci si aspettava che Christine Lagarde, a 9 mesi dall'ultimo rialzo, riducesse i tassi d'interesse della Bce. Quel taglio dello 0,25% li aveva portati al 4,25%, ma la decisione era stata accompagnata da un “nota bene” importante: la politica della Banca Centrale Europea avrebbe seguito, per il futuro, un approccio rigorosamente basato sui dati, parole che, nel linguaggio delle banche centrali, significano un rifiuto di fornire indicazioni precise sul percorso futuro dei tassi; in altre parole, la Bce sottolineava come le decisioni sarebbero state prese volta per volta in base ai dati disponibili, senza impegnarsi in alcun programma predefinito di riduzione dei tassi.
 
Nel 2024 le aspettative di molti analisti, che prevedevano tre tagli nell'ultima parte dell'anno, sono state rispettate: a settembre, infatti, i tassi sono stati portati al 3,65%, in ottobre al 3,4%, e a dicembre, infine, al 3,15%, livello al quale rimangono tutt'oggi.  Secondo un sondaggio condotto da Assiom Forex, a dicembre il 51% degli operatori di mercato si aspettava per il 2025 altri 4 tagli, che avrebbero portato i tassi al 2% entro fine anno, mentre un altro 23% li prevedeva addirittura inferiori. Tuttavia, sta crescendo il rischio che queste previsioni vengano smentite.

Il problema è, innanzitutto, che il livello dell'inflazione, l'unico indicatore che ufficialmente la Bce è chiamata a mantenere sotto controllo, rimarrà con tutta probabilità superiore agli obiettivi della Banca Centrale. È quanto emerge dall'ultima analisi dell'Ifo Institute for Economic Research di Monaco di Baviera, secondo il quale nel 2025 i prezzi in Europa saliranno un po' ovunque più del 2%, il target ufficiale della Bce: secondo tali previsioni, l'inflazione sarà al 3,5% nell'Europa meridionale, addirittura al 7,5% in quella orientale e solo in quella settentrionale e occidentale l'inflazione sarà relativamente bassa, al 2,7% e al 2,1%, comunque superiore al target del 2%.

Lo stesso, del resto, avverrà anche nel resto del mondo, sia nei poli economici come il Nord America e l'Asia orientale, dove i prezzi saliranno, per l'Ifo, del 2,6% e del 2,9%, sia nei Paesi emergenti, dove l'inflazione sarà molto più alta. 

L'influenza delle scelte americane sui tassi della Bce
Sull'andamento dei prezzi e, quindi, dei tassi di interesse globali influirà moltissimo la politica economica della nuova amministrazione Trump. I dazi minacciati contro il resto del mondo (del 60% sulle merci cinesi e del 10% su quelle provenienti da altri Paesi) potrebbero spingere in alto l'inflazione americana, che negli ultimi mesi è già scesa meno del previsto. Lo stesso effetto lo avrebbe la promessa espulsione di parte della forza lavoro immigrata, che potrebbe provocare una carenza di offerta di forza lavoro e ulteriori aumenti dei salari: secondo il Peterson Institute for International Economics, nel 2026 l'inflazione negli Usa potrebbe raggiungere valori compresi tra il 6% e il 9,3% se queste politiche fossero veramente realizzate.
 
Tutto questo impatterà sui tassi della Bce? Come sottolineato da Banca del Fucino in un recente studio, la Fed (la Banca Centrale Usa) ha recentemente rivisto le proprie previsioni sul percorso dei tassi di interesse nei prossimi due anni, segnalando la propria intenzione di procedere in maniera più prudente rispetto a quanto preventivato. In altre parole, i tassi Usa potrebbero rimanere sugli attuali livelli relativamente elevati più a lungo del previsto.  Se il divario tra i tassi della Fed e quelli della Bce dovesse diventare importante, l'euro rischierebbe di perdere valore in maniera rilevante sul dollaro. Questo non sarebbe interamente un fatto negativo, aiutando il nostro export e dunque la nostra crescita, ma uno degli effetti sarebbe anche quello di aumentare i prezzi delle importazioni, in primis quelli dell'energia, che nel 2024 sono già saliti molto; le quotazioni del gas, per esempio, sono cresciute del 45%. 

Questi fattori si aggiungerebbero agli altri che oggi mantengono l'inflazione europea al di sopra del target del 2%. Dato che la Bce, come obiettivo istituzionale, ha solo la stabilità dei prezzi, e non la crescita del Pil o dell'occupazione, siamo di fronte a ulteriori ragioni che potrebbero spingere Lagarde a essere più prudente nei prossimi mesi nel tagliare i tassi, per timore che il loro calo possa far tornare a correre l'inflazione nell'Eurozona.