SUL VERSANTE DELLA DISOCCUPAZIONE SI STRINGE IL GAP TRA I DATI ITALIANI E QUELLI EUROPEI

lanificio
13-05-2024

Certo, per un lungo periodo, tra il 2001 e il 2012, il tasso di disoccupazione italiano è stato persino inferiore a quello Ue, ma si trattava dell’effetto di un altissimo tasso di inattività, cioè di un numero particolarmente elevato di persone che, per i motivi più diversi (studenti, casalinghe, scoraggiati, lavoratori in nero), non cercavano un lavoro. Infatti, il tasso di disoccupazione è calcolato come il rapporto tra il numero di disoccupati e la forza lavoro (somma di occupati e disoccupati): di conseguenza, chi non cerca attivamente lavoro è lasciato fuori da questo conteggio. È per questo che è bene prestare attenzione anche ai dati di un altro indicatore, il tasso di occupazione, ovvero la percentuale di quanti hanno un impiego rispetto al totale della popolazione tra 15 e 64 anni, anche detta “popolazione in età da lavoro”: oggi a lavorare è il 62,1% degli italiani, un record assoluto; anche nei momenti migliori, prima del Covid e della crisi del 2008-09, non si era andati oltre il 59,5%. 

Diverse sono le ragioni dietro questo risultato: vi sono innanzitutto quelle demografiche, visto che i giovani sono molti meno di quelli di decenni fa, al punto che la domanda delle aziende in alcuni settori è maggiore dell’offerta; c’è poi l’effetto di lungo periodo delle riforme pensionistiche, che hanno tenuto al lavoro molti più sessantenni che in passato; infine, c’è la diminuzione in termini reali del costo del lavoro e dei salari, cresciuti ultimamente meno dell’inflazione. 

Tuttavia, per quanto riguarda il tasso di occupazione, la distanza con l’Europa persiste: negli altri Paesi è infatti cresciuto fino ad arrivare al 70,6%, quindi l’8,5% in più che in Italia. La differenza più importante la si riscontra tra i giovani: per chi rientra nella fascia di età  tra i 25 e i 29 anni il divario è del 12,8% (16,2% se guardiamo alla sola componente femminile). Anche in quest’ultimo caso, tuttavia, siamo di fronte a un miglioramento, visto che circa 10 anni fa la differenza tra i numeri italiani e quelli europei era di più di 20 punti percentuali.