Gli ultimi rialzi sono arrivati il 3 e il 4 maggio, a poca distanza l’uno dall’altro: il 3 maggio la Federal Reserve americana ha aumentato il proprio tasso di riferimento dal 5% al 5,25%, e il giorno dopo la Banca Centrale Europea l’ha alzato dal 3,5% al 3,75%. Sono solo gli ultimi di una serie di ritocchi ai tassi d’interesse praticati dalle Banche Centrali.
Nel caso degli Stati Uniti gli aumenti erano iniziati nel marzo 2022, quando la Fed portò il tasso di riferimento dallo 0,25% allo 0,5% e sono poi proseguiti con altri 9 rialzi. Tra il giugno e il novembre del 2022 sono stati più aggressivi, con revisioni di 75 punti base alla volta. In meno di 5 mesi il tasso è passato dall’1,5% al 4%, un livello che non si era mai toccato dal 2007. La crescita è continuata fino al 5,25% attuale, ma a un ritmo più lento, con aumenti che nelle ultime occasioni sono stati solo dello 0,25%.
La Bce di Francoforte ha agito nella stessa direzione. Ha però iniziato dopo, nel luglio 2022, quando per la prima volta dopo 6 anni ha innalzato il tasso di riferimento al di sopra dello zero. Nello scorso autunno la Bce ha aumentato il tasso dello 0,75% per poi diminuire le dimensioni degli incrementi, con l’ultimo, quello di maggio 2023, che è stato di 25 punti base.
I tassi di riferimento nel resto del mondo
Non tutte le Banche Centrale delle altre principali economie mondiali si sono comportate allo stesso modo. Quella cinese, per esempio, ha diminuito il proprio tasso di riferimento dal 3,8% al 3,65% nel corso del 2022, mantenendolo poi su questo livello fino a oggi. La ragione è che l’anno scorso l’inflazione è stata, secondo i dati ufficiali, molto più bassa che negli Usa e nell’Eurozona, tra l’1,6% e il 2,8%, mentre nei primi mesi del 2023 è crollata, fino a uno +0,1% in aprile.
Sempre in Asia è notevole il caso giapponese: qui il tasso di riferimento non è mai stato mosso ed è rimasto negativo, dello 0,1%, nonostante anche in questo Paese il carovita si sia fatto sentire, superando il 4% tra dicembre 2022 e gennaio 2023, per poi cominciare a scendere nei mesi successivi.
Maggiori di quelli giapponesi, ma inferiori che nell’Eurozona, sono poi i tassi di altre economie asiatiche come Singapore e Corea del Sud, ma non l’India, nella quale in meno di un anno sono saliti dal 4% al 6,5%. I tassi più alti si trovano in America Latina, in Messico, dove sono stati aumentati dal 4% all’11,25% in due anni, in Brasile, dove sono cresciuti dal 2% al 13,75% tra 2021 e 2022, ma soprattutto in Argentina dove hanno raggiunto il 97%, salendo nell’ultimo mese di un 16%. Da inizio 2022 sono di fatto raddoppiati, seguendo un’inflazione che non accenna a frenare e ha raggiunto in aprile il 108,8%.
Cosa succederà in futuro? Secondo il panel di previsori consultato dalla Bce nell’Eurozona il tasso di riferimento raggiungerà un picco del 4% nella seconda metà del 2023 per poi scendere, al pari dell’inflazione. Per quanto riguarda gli Usa analisti come quelli di ING e Scotiabank pensano che la Fed non effettuerà più rialzi e che alla fine del 2023 o al massimo nel 2024 il tasso scenderà sotto la soglia del 4%. Inflazione permettendo.